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giovedì 16 aprile 2015

Italia-Usa: Renzi da Obama, dialogo tra un esuberante e un sobrio

Scritto per Formiche il 15/04/2015

Ci sono tutti i presupposti perché Barack Obama e Matteo Renzi confermino la tradizionale e solida buona intesa tra Usa e Italia, nel loro incontro nello Studio Ovale venerdì 17 aprile –tranquilli!, negli Stati Uniti il numero che porta male è il 13-. Ma Matteo con Barack deve superare l’handicap dei precedenti.

Obama mostrava un’intolleranza quasi fisica rispetto a Silvio Berlusconi, di cui non sopportava l’esuberanza: le immagini del G8 dell’Aquila nel luglio 2009 o del G20 di Pittsburgh nel settembre dello stesso anno lo dicono molto meglio dell’ovvia reticenza in merito delle dichiarazioni ufficiali e sono parte della spiegazione della rarefazione dei contatti dopo di allora. Il presidente americano scelse come interlocutore italiano, a parte le occasioni multilaterali, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che invitò pure a prendere un te alla Casa Bianca, nel tentativo di capire che cosa stesse succedendo in Italia, e pure in Europa.

Ai successori di Berlusconi, invece, Obama aprì un credito di fiducia: Mario Monti ed Enrico Letta non erano indiziati di esuberanza fisica e avevano l’uno l’autorevolezza accademica e l’altro l’accuratezza tecnocratica per portare alla Casa Bianca un’immagine dell’Italia diversa, più positiva –all’epoca, si sarebbe detto ‘sobria’- e più credibile. Ma il credito di fiducia americano verso di loro non trovò riscontro in Italia: i due premier finirono travolti da manovre politiche e si rivelarono interlocutori effimeri.

Renzi, che con Monti e Letta ha in comune il fatto di non essere stato ‘legittimato’ come premier dal voto popolare, deve quindi convincere gli americani di esserci per durare –e questo gli può essere relativamente facile, nell'attuale panorama politico italiano- e per fare quel che dice di volere fare –e questo gli è meno facile-. Inoltre, Matteo deve tenere a freno l’esuberanza, ché Obama non è uomo da pacca sulle spalle come Clinton né da battute come Bush (che non sempre le capiva, ma ne rideva).

Sul piano della sostanza, almeno dal 2012 tra Usa e Italia c’è sintonia sulla necessità di mettere l’accento sulla crescita più che sul rigore in economia e sulla creazione di posti di lavoro. Solo che loro riescono a farlo e noi in Europa molto meno di loro e in Italia, almeno fino a ieri, al 31 marzo, per nulla.

Sulla scena internazionale, l’Afghanistan e la lotta al terrorismo, l’accordo sul nucleare con l’Iran e la crisi in Ucraina vedono l’Italia in sintonia sostanziale, o comunque dichiarata, con gli Stati Uniti. Renzi proverà a tirare per la giacca Obama sulla Libia, ma è da escludersi che ne ottenga impegni, al di là della condivisione della gravità della situazione e della necessità di addivenire a un’intesa tra le parti. Il presidente americano non vuole finire nell'ennesimo pantano.

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