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domenica 26 aprile 2015

Ue/Grecia: ai ferri corti, dopo il nulla di fatto a Riga

Scritto per EurActiv.it il 26/04/2015 

Ue e Grecia sono ai ferri corti, dopo l’ennesima settimana d’incontri e consultazioni inconcludenti e, almeno dal punto di vista delle Istituzioni europee, urticanti: il tempo passa, l’intesa non è vicina e Atene, nella percezione di Bruxelles, mena il can per l’aia. 

Le riunioni, informali, a Riga, nel fine settimana, dell’Eurogruppo e dell’Ecofin si sono concluse con un nulla di fatto: era magari prevedibile, ma l’ampiezza delle divergenze da colmare, a tre mesi dalle elezioni greche e dall’avvio dei negoziati con il governo Tsipras, innesca irritazioni e aumenta le diffidenze.

Di ritorno ad Atene, il ministro dell’Economia Yanos Varoufakis ha ribadito la sua determinazione “a raggiungere un accordo”. Ma a Riga i colleghi gli hanno testimoniato scarsa stima, bollandolo come “dilettante” e “perditempo”. Citando in un tweet Franklyn Delano Roosevelt, Varoufakis ha definito “benvenuto l’odio contro di me”, ammettendo che “le parole di questi giorni hanno lasciato il segno”.

I partner, anche i meglio disposti, insistono perché Atene fornisca la lista delle riforme che vuole attuare e sono evidentemente preoccupati dalla mancanza di progressi nelle trattative. Il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem evoca un “piano B”, che, però, non sarebbe il ‘Grexit’.

L’italiano Pier Carlo Padoan giudica il ‘Grexit’ “un’ipotesi lontana”, ma mette fretta alla Grecia e s’adegua così al ritornello dei colleghi. I tedeschi insistono che “il tempo sta scadendo” e “la Bce non può essere la soluzione”. E il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ribadisce anch’egli: “Il tempo sta scadendo, bisogna fare presto”.

La linea dell’Ue è “prima un accordo globale, poi gli aiuti”, mentre, giovedì, a margine del Vertice europeo straordinario, il premier Tsipras aveva chiesto ad Angela Merkel un’intesa ad interim entro aprile. L’ipotesi di un accordo a tappe non è impraticabile, a patto, però, che Atene inizi ad attuare le riforme. 

Alla Merkel, Tsipras avrebbe però detto che la Grecia “ha già accettato abbastanza compromessi. Ora è tempo d’accelerare per arrivare a un primo accordo ponte con i creditori entro aprile”. L’urgenza è giustificata: le casse di Atene, ormai esangui, potrebbero non arrivare a giugno, termine del periodo di proroga del secondo piano di salvataggio, che dovrebbe assicurare una tranche d’aiuti da 7,2 miliardi di euro. 

All’Eurogruppo e all’Ecofin, i ministri hanno anche discusso del quadro macro-economico, che resta debole e sottende diverse incertezze sulla stabilità finanziaria. Dai documenti degli ‘sherpa, della Commissione e della presidenza di turno lettone, emergono giudizi sugli sviluppi economici di medio periodo con molte ombre. E anche un allarme sul ribasso della crescita Ue potenziale, che è cominciato prima del 2008 e che la crisi finanziaria e poi la recessione hanno aggravato. 

In questo contesto, l’Italia continua a manifestare un certo ottimismo, nonostante l’agenzia di rating Fitch abbia confermato sia per l’Italia sia per la Spagna il giudizio BBB+ e l’outlook stabile sul debito pubblico. Madrid, comunque, pensa al rimborso anticipato di una parte degli aiuti Ue, che dovrebbe iniziare a ripagare nel 2022.

I segnali politici e statistici tendono al bello, pur con qualche contraddizione. Il Def ha avuto l’ok dal Parlamento, ma il Governo ha congelato il presunto tesoretto, che BankItalia vorrebbe utilizzare per riequilibrare i conti. I dati dell’Istat sull’occupazione – 92 mila assunzioni a marzo, un saldo positivo di 31 mila posti fissi – sono incoraggianti per i fautori del ‘jobs act’ e “propaganda” per i detrattori.  Sempre l’Istat calcola un aumento del Pil dello 0,1% nel primo trimestre e un boom dell’export a marzo (+13,2 rispetto a un anno fa, +2,2% rispetto a febbraio), innescato dal calo dell’euro.

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