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mercoledì 12 novembre 2014

Usa: bin Laden, il Califfo, Obama l'ammazzasette dei 'nemici pubblici numero 1'

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12711/2014

Obama l’ammazzasette: ai nemici pubblici numero 1 degli Stati Uniti, il presidente tentenna non lascia scampo. Ne elimina uno per mandato. L’uccisione di bin Laden, il 1° maggio 2011, arrivò troppo presto per garantirgli una vittoria facile nelle presidenziali 2012, ma comunque gli tornò utile. Il ferimento, o peggio, del califfo al-Baghdadi arriva nel momento giusto per risollevare l’immagine dell’Amministrazione dopo la batosta nel Mid-term.

A Obama, comandante in capo irresoluto, riescono i colpi che Bush il guerrafondaio non sapeva mettere a segno: ad eliminare il capo di al Qaida ci aveva provato per sette anni, ma l’ispiratore dell’attacco all’America dell’11 Settembre 2001 gli era sempre sfuggito, persino –si racconta- in moto, o a dorso di mulo, sui monti tra Afghanistan e Pakistan. I Navy Seals mandati da Obama, invece, lo hanno sorpreso davanti alla tv in una casa di Abbottabad in Pakistan, ormai pensionato del terrorismo.

Agli Usa di Bush, era invece riuscito, nel 2006, di eliminare al-Zarqawi, il luogotenente di al Qaida in Iraq, il maestro del Califfo in sgozzamenti e loro video-promozione: un raid aereo, come – pare – per al-Baghdadi, sulla cui sorte è però giallo.

Quasi una beffa del destino: l’immagine di presidente del Nobel per la Pace è, finora, legata a due atti di guerra brutali, due omicidi mirati –se il Califfo dovesse soccombere-. Delle sue condizioni, ben poco si sa di certo. Come pure delle circostanze del ferimento.

Le autorità irachene parlano di un suo ferimento in un raid su Mosul, nel nord dell'Iraq; quelle Usa divergono sulle circostanze dell’azione e sulle condizioni di al-Baghdadi; un account twitter vicino agli jihadista, la Muassasa al Ittisam, ne denuncia la morte, mostra una foto del presunto cadavere e annuncia l’insediamento di un nuovo califfo, mentre gli altri siti integralisti per lo più tacciono.

Fonti irachene citate dal giornale egiziano ‘al Ahram’ insistono sulla morte del capo jihadista. Cittadini di Mosul, contattati dall'inviato del giornale del Cairo, confermano il decesso.

Sul terreno, lo Stato islamico perde pezzi. Le forze irachene avrebbero ripreso Baiji, nella provincia di Salah al Din, dove c’è la più grande raffineria del Paese. E a Kobane, sul confine tra Siria e Turchia, i peshmerga curdi hanno ripreso qualche posizione alle milizie jihadiste.

Tutti segni che lo Stato islamico avverte l’effetto dei raid aerei degli Stati Uniti e dei loro alleati e delle forniture di armi all’Iraq e ai curdi. Prima di andare al Vertice dell’Apec a Pechino, Obama aveva detto che lo schieramento di altri 1.500 soldati americani in Iraq, senza ruolo combattente, segna l'inizio di "una nuova fase offensiva" nella campagna anti-terrorismo.

Fermo restando che "i nostri soldati non combatteranno" –parola di presidente-, l’inasprimento dell’azione anti-Is va messo in relazione alla sconfitta democratica nel voto di Mid-term: Obama anticipa le sollecitazioni che potrebbero venirgli dall’opposizione repubblicana. L'annuncio aveva, del resto, coinciso con l’incontro di Obama coi leader del Congresso alla Casa Bianca, per un punto della situazione in Iraq e in Siria.

L’aumento quasi raddoppia il numero di soldati in Iraq per addestrare e consigliare le forze armate locali. La Casa Bianca vuole dal Congresso 5,6 miliardi di dollari per azioni in Iraq e in Siria.

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