Scritto per Il Fatto Quotidiano del 02/12/2011
E' la volta buona. Pare. Dopo 535 giorni, il Belgio s'appresta ad avere un governo a parte intera, politico e non tecnico. Yves Leterme, cattolico, fiammingo, premier in carica per gli affari correnti, può andarsene tranquillo all'Ocse, dove guadagnerà di più e avrà meno grane. Ed Elio Di Rupo, socialista, francofono, origini italiane, può insediarsi al 16 di rue de la Loi, che è l'equivalente belga di Palazzo Chigi.
I sei partiti che negoziavano la formazione di una nuova coalizione hanno raggiunto un'intesa di massima su un documento programmatico di 185 pagine. L'ultimo scoglio su cui s'era temuto che la trattativa naufragasse, i tagli alla spesa pubblica, è stato superato. Se non ci saranno intoppi in extremis, il Belgio uscirà dalla lunga crisi apertasi dopo le elezioni del 13 giugno 2010, che videro l'avanzata dei nazionalisti fiamminghi, tenuti, però, fuori dall'alleanza di governo.
Dopo i congressi dei partiti nel week-end, il giuramento della nuova compagine -15 ministri, i nomi ancora da definire- e la fiducia del Parlamento sono attesi all'inizio della prossima settimana.
Di Rupo sarà il primo ministro francofono e vallone dal 1974: i fiamminghi sono i due terzi della popolazione. Pochi giorni or sono, il leader socialista, gay dichiarato, pipa e papillon, pareva sul punto di gettare la spugna. Poi, re Alberto l'ha convinto a riprendere in mano le fila della trattativa.
Dopo mesi di negoziati a vuoto, l'impasse è stata superata in fretta, quando l'agenzia di rating Standard & Poor's ha declassato l'affidabilità del debito belga. Il campanello d'allarme è stato sufficiente a riportato i partiti al tavolo della trattativa, dopo avere sfiorato l'ennesima rottura.
L'intesa resta però fragile e gli equilibri nella coalizione precari. Le tre principali famiglie politiche belghe, i cattolici, i liberali e i socialisti, sono presenti, ma i fiamminghi non vi sono adeguatamente rappresentati. Gli incidenti di percorso e forse nuove elezioni sono dietro l'angolo.
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