Scritto per il blog de Il Fatto Quotidiano lo 05/12/2011
Raramente un programma televisivo ha avuto l’intensità, la teatralità, la drammaticità, la veridicità, l’universalità della conferenza stampa di domenica sera del professor Monti e del suo governo: il tema interessava tutti; le cose, anche le più difficili, erano quasi sempre spiegate in modo piano e semplice, talora con una punta di spirito –Monti-, talora con una concessione al sentimento –Fornero-; nessuno interveniva sopra le righe. Roba da dibattito per la presidenza degli Stati Uniti, altro che i talk show spesso confusi urlati sudati maleducati di casa nostra. Chi l’ha seguita, l’ha seguita fino in fondo.
Già, ma chi l’ha seguita? Chi stava su La7 o su Sky o, magari, su RaiNews24; oppure, chi stava al computer e ha intercettato le dirette online. Perché le grandi reti delle grandi televisioni, la Rai e Mediaset, non hanno trovato spazio nelle loro programmazioni per quello spettacolo. Passi per Mediaset, che è una tv privata e che fa gli interessi commerciali suoi (e quelli politici del suo padrone). Ma la Rai dovrebbe tuttora essere servizio pubblico; e l’evento non era improvviso, inatteso, imprevedibile, perché tutti potevano ben immaginare che, alla fine del Consiglio dei Ministri, uno dei più importanti nella storia repubblicana, ci sarebbe stata una conferenza stampa.
Ora, è vero che c’è una programmazione da rispettare e che ci sono i serial da valorizzare con il loro carico pubblicitario. Ma davvero non c’era modo e tempo di riorganizzare almeno una rete?, e di trasmettere, sulle altre, un avviso dicendo dove la conferenza stampa andava in diretta? Oppure non c’è stata la volontà di farlo, perché, magari, gli italiani scoprivano la differenza fra il prima e l’adesso e che cosa si sono persi, per colpa loro, negli ultimi anni?
La latitanza della Rai è stata, più che una sconfitta, una diserzione dal terreno dell’informazione da parte dei servizio pubblico e del suo giornalismo.
E, parlando di giornalismo, nella sala stampa di Palazzo Chigi non c’era, salvo sviste, di cui mi scuso a priori, manco un tenore del giornalismo politico o economico italiano: tanti bravi colleghi spesso giovani, cronisti d’agenzia, qualche corrispondente estero. I tenori ce li ritroveremo –c’è da scommetterci- a commentare, con indubbia competenza, e con qualche rissosa gigioneria, al prossimo talk show. Professor Monti, tenersene alla larga sarebbe un segnale di discontinuità forte, come lo sono state le sue parole di ieri sull’Europa che siamo noi.
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