Scritto per Il Fatto Quotidiano del 16/12/2011
Barack Obama mantiene una delle sue promesse elettorali, la fine della guerra in Iraq e il ritiro, entro fine anno, di tutte le truppe da combattimento Usa da quel Paese, mentre la competizione per la nomination repubblicana alla Casa Bianca pare osservare una battuta d’arresto, in attesa del via alle primarie in gennaio. ‘Tutti i Rivali del Presidente’, un volume appena pubblicato dagli Editori Riuniti, si propone come un manuale per seguire e capire le presidenziali 2012 negli Stati Uniti, una competizione che, al momento, vede Obama favorito per manifesta inferiorità dei suoi rivali.
A meno di un anno dall’ Election Day, i repubblicani non hanno ancora espresso un chiaro favorito nella corsa alla nomination 2012. Il candidato più costante nelle posizioni di testa dei sondaggi è Mitt Romney, che però non ha, o non ha ancora, una credibilità presidenziale, mentre gli altri suscitano fiammate d’entusiasmo quando scendono in campo –volta a volta, Michele Bachmann, Richard Perry, Herman Cain-, ma poi, nel giro di qualche settimana, mostrano crepe e debolezze che li fanno calare nella considerazione degli elettori.
La gamma dei candidati è però ampia e qualcuno, come, in particolare, Jon Huntsman e Ron Paul, non ha forse ancora espresso tutto il proprio potenziale, mentre Newt Gingrich sta emergendo. Ma, in questo contesto incerto e senza ‘cavalli di razza’, non è neppure escluso chi ha rinunciato, o si è finora tenuto in disparte, come Sarah Palin o Mike Huckabee o lo speaker della Camera John Boehner possa ripensarci o emergere. …
Così come si presentano le cose oggi, il campo repubblicano, più indebolito che rafforzato dall’emergere del Tea Party, pare destinato alla sconfitta, se la crisi economica non condurrà al disastro l’America e Obama. Il Tea Party non è abbastanza forte da portare un proprio presidente alla Casa Bianca, neppure se alleato con l’informale ma fortissimo ‘partito evangelico’ che fu determinante nel 2000 e nel 2004 per l’elezione di George W. Bush, ma può condizionare la scelta del candidato repubblicano; e un candidato troppo conservatore e troppo qualunquista faticherebbe a motivare l’elettorato di centro, pur deluso da Obama.
La strada, però è ancora lunga, intessuta di ritiri e, come sempre, di sorprese. Mesi di schermaglie, di test di prova, di dibattiti di riscaldamento, che pure sono già serviti a diradare il campo, saranno azzerati quando, a gennaio, nello Iowa, s’inizieranno a contare i voti della corsa alla nomination…
Gli aspiranti alla nomination repubblicana arriveranno alle prime prove conoscendosi bene, essendosi già affrontati in una decina di dibattiti … . Non c’è stato un chiaro dominatore e, anzi, Romney e Perry, la Bachmann e Cain, persino Gingrich che partiva da lontano, ma ha avuto un buon autunno, si sono aggiudicati alcune tappe. Altri, come Huntsman e Paul, non hanno magari mai vinto, ma hanno evitato grosse topiche, in cui invece sono caduti, in particolare, Perry e Cain.
Il dibattito sull’economia, il nono della serie, è stato il programma più seguito nella fascia oraria delle ore 20.00 … Gingrich è stato il migliore ed è subito risalito nel gruppo di testa, dietro Romney, mentre Cain, coinvolto in accuse di violenze sessuali, subiva l’erosione del sostegno (fino al punto da sospendere, in dicembre, la propria candidatura, ndr).
Proprio l’incertezza dei repubblicani, che, l’uno dopo l’altro, paiono ‘divorare’ i loro potenziali favoriti costituisce un vantaggio per Obama. A un anno dal voto, i candidati ufficialmente in lizza per la nomination erano otto: in ordine alfabetico, Bachmann, l’unica donna, Cain, Huntsman, Gingrich, Paul, Perry, Romney, Santorum (l’unico che appare ai margini dei giochi).... Ma nessuno degli otto appare un trascinatore, né per le idee né per l’oratoria. … I repubblicani paiono quasi rassegnati a scegliere come sfidante alla Casa Bianca un personaggio senza carisma.
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