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domenica 26 ottobre 2014

Iran: Reyhaneh "balla sulla forca"; battuta d'arresto nei rapporti

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/10/2014

L’immagine agghiacciante di Reyhaneh Jabbari, 26 anni, che “danza sulla forca” impiccata all’alba, è, da ieri, un ostacolo in più al controverso riavvicinamento tra Teheran e l’Occidente: un percorso di per sé difficile, reso più accidentato da un intreccio di contraddizioni. L’Iran è presenza regionale ineludibile nella guerra al Califfato ed è partner commerciale ed energetico pesante per molti Paesi, fra cui l’Italia; ma è pure sospettato di volere l’atomica ed è nemico giurato degli Stati Uniti, 'satana' da combattere, così come Israele va distrutta.

E la natura teocratica dello Stato iraniano, la cui guida suprema è l’ayatollah Khamenei, è elemento d’ulteriore diffidenza. L’elezione alla presidenza, nell’agosto 2013, del moderato Hassan Rouhani ha creato i presupposti per migliori relazioni. Ma vicende come quella di Reyhaneh – o come quella a lieto fine di Sakineh Mohammadi Ashtiani – testimoniano, però, la distanza che resta fra l’Iran e l’Occidente e che innesca contraddizioni: Emma Bonino, che è stata recentemente a Teheran e sostiene la necessità di dare credito a Rouhani, è anche una convinta avvocata dei diritti umani.

C’è molta pietà, e un po’ d’ipocrisia, nelle reazioni all’esecuzione di Reyhaneh: condanne unanimi, da ogni dove. La pena di morte non è un’esclusiva iraniana, neppure per giovani la cui colpa è incerta – negli Usa, ci volle la storia di Paula Cooper per svegliare le coscienze sulla questione, non troppo tempo fa -. L’impiccagione di ieri non fermerà il dialogo d’interesse con Teheran, ma alimenterà sottofondi di diffidenza.

La Jabbari uccise nel 2007, non ancora ventenne, un ex agente dei servizi segreti iracheni, Morteza Abdolali Sarbandi, che l’avrebbe stuprata: lo pugnalò alle spalle, un gesto che per i giudici avalla la tesi della premeditazione e indebolisce quella della legittima difesa.

Per l'Alto Commissariato per i diritti umani dell'Onu, il processo del 2009 fu viziato da irregolarità: la confessione di Reyhaneh sarebbe stata estorta con minacce e pressioni. Sarbandi avrebbe attirato la Jabbari nel suo appartamento col pretesto di offrirle un incarico e avrebbe poi tentato di abusarne.

La giovane, un’arredatrice d’interni, era da cinque anni nel braccio della morte. A suo favore, c'erano stati numerosi appelli internazionali: Papa Francesco, Amnesty International, il ministro degli Esteri Federica Mogherini e tanti intellettuali iraniani mobilitati dalla madre Shole Pakravan, un’attrice di teatro molto nota.

Proprio la madre ha postato su Facebook quelle tragiche parole: “Mia figlia con la febbre ha ballato sulla forca”. La donna era fuori dal carcere, con un centinaio di persone, familiari, amici, attivisti dei diritti dell’uomo. La campagna per salvare la giovane ha scritto "Riposa in pace". 

L’esecuzione della sentenza era stata fissata al 30 settembre, ma era stata poi rinviata, facendo sperare in un atto di clemenza. Venerdì, la madre aveva potuto visitare Reyhaneh per un'ora: segno che l'impiccagione era imminente. Amnesty aveva subito rilanciato la mobilitazione, questa volta senza esito. Nelle ultime settimane, una petizione per sospendere l’esecuzione era stata firmata da quasi 250.000 persone.

Il perdono della famiglia della vittima avrebbe salvato la giovane dalla forca, ma il figlio dell'uomo voleva che Reyhaneh negasse il tentato stupro e lei s’è sempre rifiutata di farlo. Per le leggi iraniane il perdono dei parenti della persona uccisa può evitare la legge del taglione al condannato.

Il ministro Mogherini, voce italiana, ma ormai pure europea, ha espresso dolore per l'impiccagione di Reyhaneh, "vittima due volte" prima di uno stupratore e poi del sistema giudiziario. Questo "conferma che è proprio sulla difesa dei diritti fondamentali che il dialogo tra i Paesi resta più difficile. Eppure, la difesa dei diritti umani e l'abolizione della pena di morte sono battaglie fondamentali che l'Unione e l’Italia non rinunceranno mai a portare avanti in tutte le sedi".

Dopo la Cina, l’Iran, con circa 250 esecuzioni quest’anno, è la maggiore ‘fabbrica di omicidi legali’ al Mondo, ben davanti agli Stati Uniti.

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