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mercoledì 8 ottobre 2014

Ue: approfondire l'integrazione, invece di diluirla

Intervista a Eventi Culturali pubblicata lo 08/10/2014

Riporto di seguito solo le risposte date a Manuela Pacelli, mentre tutto il servizio è al link ...

1) Al mio primo giorno di lavoro nella redazione de La Provincia Pavese, il 1o giugno 1972, il capo, Pino Lucchelli, ottimo cronista, mi mandò a cercare la foto di un morto: gli serviva per la rubrica 'Ci hanno lasciati', un 'classico' dei giornali di provincia. Lucchelli scelse un morto 'facile', un anziano che se n'era andato in pace con il Mondo e con i suoi, ma per me fu lo stesso uno shock. Tornai con la foto del morto e non uscii più dalla redazione.

2) Quali che siano state le difficoltà, quali che siano state le delusioni, l'Unione europea c'è. E dove 60 anni or sono c'erano ancora le macerie di un continente, oggi c'è un'Unione che funziona, delle Istituzioni che lavorano, un'integrazione che ancora la pace, un'area di libertà e democrazia. Quel che è stato fatto conta più di quel che non è stato fatto (e che, del resto, può ancora esserlo). Adesso, dobbiamo, credo, approfondire l'integrazione piuttosto che diluirla con ulteriori impegnativi allargamenti.

3) Il 'no' degli scozzesi all'Indipendenza ha fatto guadagnare tempo ed energie all'Unione europea. E dovrebbe avere fiaccato le spinte secessioniste in Spagna e in Belgio, in Italia e in Francia. L'Unione è un insieme di Stati, ma anche di Regioni e di localismi: ogni europeo, è anche un italiano -o altro; e ogni italiano è anche un piemontese -o altro-; e ogni piemontese è anche un saluzzese -o altro-: sono identità che possono benissimo coesistere, anche se ciascuno di noi ne sente magari una più forte delle altre; e anche se l'una o l'altra saltano fuori prepotenti in determinati frangenti.

4) L'Unione non è ancora una protagonista politica, e tanto meno militare, sulla scena politica internazionale: per questo, nella crisi mediorientale, o nella coalizione anti-Is, non c'è l'Unione, ma piuttosto singoli Stati, con comportamenti spesso contraddittori tra di loro. Diverso è il discorso nei confronti della Russia, con cui l'Unione può fare valere il proprio peso di partner commerciale e di cliente energetico -naturalmente, vale il viceversa-, e ancora più nei confronti dell'Ucraina, su cui l'Unione può esercitare una notevole influenza politica ed economica senza alimentare illusioni di adesione. Nella crisi ucraina, dunque, l'Unione è una protagonista potenzialmente determinante ad evitare il conflitto e a spingere le parti verso una soluzione negoziata.

5) Io credo che l'identità dell'Europa non possa, oggi, affermarsi nella contrapposizione, o nel respingimento, ma nell'integrazione, o nell'accoglienza. L'Unione vivrà una fase d'impasse  e si avvierà alla decadenza se si chiuderà su se stessa, non se accetterà il confronto e l'apporto di altre culture e di altre tradizioni, in uno spirito di tolleranza che, ovviamente, deve essere reciproco.

6) Con gli egoismi nazionali, l'Unione è abituata a confrontasi. Con gli egoismi delle categorie sociali, gli Stati sono abituati a confrontarsi. E che la crisi acuisca gli egoismi è, magari, insensato, ma è scontato. L'egoismo relativamente nuovo in cui l'Unione potrebbe davvero impantanarsi è quello generazionale: questa crisi, che è di lavoro e di fiducia, mette in crisi la solidarietà tra giovani e anziani, tra precari e garantiti, tra lavoratori e pensionati. Se indulgessimo, noi europei e noi italiani, a questa deriva, potremmo davvero trovarci immersi in un periodo oscuro, in una sorta di oblio della solidarietà.

7) Innanzitutto, Mare Nostrum non è un fallimento: il suo obiettivo era salvare vite in mare -e lo ha fatto e continua a farlo egregiamente-, non scoraggiare l'immigrazione. Secondariamente, l'Italia non sta in mezzo tra 'loro', i disperati' della Riva Sud, e l'Europa: l'Italia, per i 'disperati', e non solo per loro, è l'Europa... Manca una gestione dell'emergenza comune -e qualcosa si sta facendo in quella direzione-, ma manca soprattutto una politica della prevenzione, una politica europea mediterranea di dialogo e cooperazione con la Riva Sud.

8) Se ci fosse una regia europea dietro la politica italiana, non saremmo arrivati a questo punto e, probabilmente, non saremmo approdati agli attuali assetti. E così pure se ci fosse una regia americana. Quindi, lasciamo stare dietrologie e fantasticherie. Io penso che i leader di un Paese ne siano il riflesso: noi siamo spesso tentati dalle scorciatoie, come prometteva d'esserlo Berlusconi, come promette d'esserlo Renzi. Riformare l'Italia presuppone cambiare gli italiani, fare prevalere la logica della solidarietà, di generazione, di categoria, di censo, su quella dell'egoismo; il senso del dovere su quello del diritto -e fare bene tutti il proprio dovere equivale a rispettare tutti i diritti di ciascuno-; l'onestà e il rispetto sulla furberia e la prevaricazione.

9) La Germania è forte, ma oggi non mi fa paura, perché è una società che mette in pratica e premia l'etica dei comportamenti e che è capace d'integrazione, quindi di accoglienza e generosità. La nazionale tedesca, che pochi anni or sono somigliava a quella italiana, oggi assomiglia a quella francese campione del mondo nel '98: bianchi e neri, turchi e nord africani, tutti tedeschi, tutti europei; e fieri di esserlo.

10) La Juventus è forte, ma non (ancora) abbastanza per vincere in Europa, temo. E non (più) abbastanza per vincere in Italia, temo ancora di più, perché la Roma era già forte, s'è molto rafforzata e ha un ottimo allenatore che, come riuscì a fare Liedholm, sembra capace di ignorare la 'romanità' intorno a lui. Ovviamente, spero d'essere smentito in Europa e in Italia: comunque e sempre, 'Forza Juve'

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