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martedì 29 dicembre 2015

Libia: da B. a Renzi, italiani sempre amiconi dei rais di turno

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 29/12/2015

Torna buono il Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia: negoziato dal governo Prodi, attivato dall’ultimo governo Berlusconi, ‘ibernato’ di fatto dopo il crollo del regime di Gheddafi e la ‘somalizzazione’ della Libia, il Trattato serve da leva di riattivazione del ‘rapporto speciale’ tra Italia e Libia.

"Stiamo lavorando per riavviarlo”, afferma una nota della delegazione libica guidata dal premier designato Fayez Al-Serraj che ieri mattina ha incontrato a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il Trattato –si legge ancora- “contribuirà alle nostre riforme economiche e al ritorno degli investimenti stranieri".

L’incontro con Al-Serraj e lo scambio d’impegni sono altri tasselli dell’attivismo diplomatico volto a rendere l’Italia protagonista nella nuova Libia. Ma quel Trattato, va ricordato, nel momento in cui lo si ‘scongela’, era di fatto un baratto tra una serie di aiuti e di azioni economiche e imprenditoriali e l’impegno di Tripoli ad evitare esodi di migranti verso Lampedusa, l’Italia, l’Europa.

Senza che Roma si sia mai preoccupata di che cosa accadeva ai disgraziati che giungevano in Libia dall’Eritrea e dall’Africa subsahariana per passare il Mediterraneo e approdare alla Terra Promessa: tenuti prigionieri nel deserto in condizioni estreme, senza rispetto dei loro più elementari diritti, o ricacciati indietro, senza curarsi della sorte che li attendeva.

L’Italia armò pure con tre motovedette la guardia costiera libica, che se n’è servita, non molto tempo fa, per sparare contro pescherecci italiani in acque reclamate dalla Libia. Ma ambizioni e interessi politico-economici, come la presenza dell’Eni nel Paese, aiutano a dimenticare tutto.

Per al-Serraj, la visita di ieri a Roma è stata la prima missione europea dopo l’accordo raggiunto, sotto l’egida dell’Onu, il 17 dicembre, in Marocco, tra esponenti dei parlamenti libici di Tobruk, quello riconosciuto dalla comunità internazionale, e di Tripoli, d’ispirazione islamista, puntando alla formazione di un governo di unità nazionale.

Al premier designato, Renzi ha espresso "la piena fiducia nella capacità delle nuove autorità libiche di fare fronte alle imminenti sfide che le attendono”, cominciando “dalla formazione del governo e dal completamento del quadro istituzionale nel segno dell'inclusività e della riconciliazione".

Le due parti auspicano che l'ambasciata d'Italia e il consolato tornino a Tripoli il più presto possibile e che i voli diretti tra Italia e Libia siano ripristinati. Insomma, l’Italia si propone come protagonista della ‘rinascita’ libica, in attesa che la comunità internazionale le riconosca un ruolo del genere e che la Libia lo chieda e mentre la Francia pensa, invece, ad azioni militari contro i capisaldi jihadisti alla Sirte e altrove sul territorio libico.

Il comunicato della delegazione di Al-Serraj è un peana “al grande contributo dato dall'Italia dopo la rivoluzione e durante il dialogo politico”: “a partire dalle storiche relazioni tra i due Paesi – l’esperienza coloniale viene così rivalutata -, cercheremo di incrementare la nostra cooperazione, soprattutto nell'ottica di contrasto al terrorismo, all'immigrazione illegale, al crimine organizzato".

L'Italia si candida a protagonista del percorso libico di stabilizzazione e ricostruzione del Paese, dalle infrastrutture alla sicurezza, con l'invio d’istruttori per addestrare le milizie del futuro governo di unità nazionale.

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