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giovedì 3 dicembre 2015

Siria: Putin accusa Erdogan, affari col petrolio del Califfo

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 03/12/2015
Altro che abbassare i toni e smussare gli angoli. La Russia accusa la Turchia, Putin mette sul banco degli imputati Erdogan: “Il presidente turco e la sua famiglia fanno affari col petrolio del Califfo”. La risposta arriva a giro d’agenzia: “Nessuno ha il diritto di calunniarci: non compriamo petrolio dal sedicente Stato islamico, né vendiamo armi ai terroristi”. Mentre i Parlamenti di Londra e Berlino votano la partecipazione ai raid contro gli jihadisti, il botta e risposta tra Mosca e Ankara lascia tramortite le relazioni tra due Paesi, già gravemente ferite dall’abbattimento da parte turca d’un caccia-bombardiere russo in missione anti-jihadisti.
Russia e Turchia dovrebbero essere alleati nella lotta al terrorismo. La loro rissa denuncia le crepe d’una coalizione dove il Califfo trova finanziamenti e complicità. E la reazione del Pentagono non migliora il clima: "Rifiutiamo categoricamente l’idea che la Turchia stia lavorando con l’Is -afferma il portavoce Steve Warren-, è totalmente assurdo", perché "la Turchia partecipa attivamente ai raid della coalizione contro gli jihadisti".
Del resto, aprire uno spiraglio al dubbio vorrebbe dire ammettere il sospetto che un tuo alleato, e per di più un Paese della Nato, è un doppiogiochista, che sta nella coalizione solo per guadagnarsi mano libero contro i curdi sul territorio nazionale, ma che continua ad avere una frontiera porosa con l’autoproclamato Califfato, da dove transitano armamenti e ‘foreign fighters’ e in senso opposto petrolio di contrabbando. Per Mosca, Ankara non agisce per ideologia o per ambizione, ma proprio solo per soldi: interessi personali, del presidente aspirante dittatore e della sua cricca. E la Turchia  sarebbe il primo consumatore del petrolio venduto dagli integralisti.

Putin aveva già lanciato la provocazione a Parigi, a margine della Cop21, che doveva essere luogo di dialogo, ma che non lo è stato: per lui, il Sukhoi russo era stato abbattuto il 24 novembre perché stava raccogliendo prove del contrabbando.

Erdogan lo aveva sfidato a produrre le prove, dicendosi, nel caso, pronto a dimettersi. E le prove, che però tali in realtà non sono, sono arrivate, ieri, in un incontro con i giornalisti del vice-ministro della Difesa russo Anatoly Antonov: “Ecco alcuni dei fatti che confermano che una gang di banditi e di leader turchi opera nella regione e ruba il petrolio dai vicini". Secondo le informazioni russe, il presidente turco e la sua famiglia “sono coinvolti in questo business criminale", con enormi quantità di petrolio che entrano in Turchia su 850 camion.

Secondo i militari russi, dall’inizio dei loro raid in Siria, il 30 settembre, le entrate del contrabbando di petrolio di sono significativamente ridotte per il Califfato: il generale Sergey Rudskoy dice che "erano di tre milioni di dollari al giorno e oggi sono di circa 1,5 milioni", praticamente dimezzate. "Gli introiti derivati dalla vendita di petrolio sono una delle più importanti fonti di finanziamento delle attività terroristiche in Siria", aggiunge Antonov.

 Il ministero della Difesa diffonde foto di cisterne che passano la frontiera tra Siria e Turchia, video di raid contro depositi dell’Is e mappe con i movimenti dettagliati del contrabbando. Altre prove – si anticipa - saranno pubblicate nei prossimi giorni. Contemporaneamente, Mosca, che invoca sanzioni contro Ankara, apre al dialogo: i ministri degli Esteri potrebbero presto incontrarsi.


Nella ricostruzione di Mosca, riferita dalle agenzie di stampa, tre sono i percorsi del traffico. Uno, ad Ovest, arriva fino al porti di Dortyol e Alessandretta, sul Mediterraneo, partendo dai giacimenti intorno a Raqqa: passa da Azaz, la cittadina turkmena vicino al confine turco attaccata dai russi dopo l’abbattimento del Sukhoi, e varca la frontiera accanto a Reyhanli. Il secondo arriva dai pozzi di Deir ez-Zor, passa il confine a Kamisli e dopo cento km arriva alla raffineria di Batman. Il terzo, la strada dell’est, parte dal nord-est della Siria e dal nord-ovest dell’Iraq va allo snodo petrolifero turco vicino a Silopi, sul confine con l’Iraq.

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