Scritto per Il Fatto Quotidiano del 06/08/2010
Quando menava una grama esistenza nelle valli alpine, 5300 anni fa o giù di lì, Oetzi, che certo non si chiamava così, non si sarebbe mai immaginato che la sua mummia conservata nel ghiaccio sarebbe divenuta una sorta di cometa della stampa internazionale: una stella che ritorna, perché, ogni tanto, c’è un giornale, o una tv, che ne riscopre la storia e la racconta. Stavolta, Michael Day, su The Independent, prende spunto dai risultati delle ultime ricerche sull’ ‘uomo del Similaun’, i cui resti ben conservati furono restituiti, il 19 settembre 1991, da un ghiacciaio che stava sciogliendosi, tra Italia e Austria: la notizia è che gli inquirenti, che indagano sulla morte presumibilmente violenta dell’ ‘uomo di ghiaccio’, si sospetta morto ammazzato per mano d’un qualche caino
dei suoi tempi, “sono finalmente pronti a contattare i suoi parenti”. La ricostruzione della sequenza del Dna di Oetzi ha infatti permesso loro di individuare i discendenti del pastore – cacciatore preistorico, alcuni dei quali popolano ancora le stesse valli. Non solo, ma il dottor Albert Zink, direttore dell’Istituto di Bolzano dedicato allo studio e alla conservazione di Oetzi, pensa che il codice genetico possa servire a capire e a curare diverse malattie ereditarie come diabete, cancro e ipertensione. Il seguito alla prossima puntata: possiamo scommetterci che l’estate prossima, nel 20.o anniversario della sua ‘rinascita’, Oetzi ci darà ancora sue notizie.
venerdì 6 agosto 2010
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