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martedì 2 luglio 2013

Datagate: Usa spia Ue? Rischio di ritorsioni autolesionistiche

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 02/07/2013

Gli europei sono furiosi. Ve ne sono che, acciecati dall’ira, minacciano di fare saltare i negoziati appena avviati per una zona di libero scambio transatlantica. Che è un po’ come la storia del marito che, per fare dispetto alla moglie… Beh, è vecchia, la sapete… Perché, l’Unione europea rappresentava, nel 2012, oltre il 33% del commercio mondiale, un terzo circa, mentre gli Stati Uniti ne rappresentavano meno dell’11%. Negli anni della crisi, l’Ue ha perso 5 punti e gli Usa sono rimasti stabili, ma l’Europa resta una potenza commerciale superiore all’America e, quindi, salvo svarioni negoziali, ha più vantaggi da trarre dalla riduzione delle barriere.

Del resto, le reazioni europee più accorte allo shock della rivelazione di quello che tutti, in fondo, sapevano, e che cioè l’intelligence statunitense spia ad alzo zero e a 360 gradi, o quanto meno prova a farlo, sono virulente nei toni e aspre nelle parole, ma hanno basso impatto nella sostanza.

La Commissione europea intima “Trasparenza”. E, aprendo la plenaria a Strasburgo, il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz giudica “inaccettabile” che l’Ue sia trattata come chi minaccia di terrorismo gli Usa. La Francia intima agli Stati Uniti di smetterla subito di spiare l’Unione europea. La Germania dice che, se l’hanno fatto, si sono comportati da Guerra Fredda e che ora bisogna ricostruire la fiducia.

Il presidente Napolitano, che in Croazia celebra i fasti dell’ingresso nell’Ue del Paese balcanico, misura più di altri il giudizio: “E’ una questione spinosa”, che deve trovare “risposte soddisfacenti”. Il premier Letta, da Gerusalemme, esprime fiducia in Obama e certezza che l’Italia, come l’Ue, riceveranno tutti i chiarimenti. E il ministro degli esteri Bonino conferma che sono stati chiesti.

Se queste sono le reazioni europee, gli americani non devono perderci il sonno. Se il presidente Obama promette che tutti i chiarimenti sollecitati saranno forniti “in modo appropriato”, cioè tramite i canali diplomatici, il segretario di Stato John Kerry definisce “usuale” l’atteggiamento degli Stati Uniti: “la ricerca di dati è consueta”. Che, tradotto, vuole dire che “spiare è normale”.

Obama e Putin affidano la soluzione dei contrasti bilaterali alle rispettive intelligence, che, poi, sono quelle che meno drammatizzano il problema, perché per loro sì spiare è normale.

Chi se la passa meno bene, ora, è la talpa del Datagate: Edward Snowden, costretto da otto giorni nella zona transiti dell’aeroporto Sheremetyevo, vede la sua situazione confondersi e deteriorarsi. Bloccato lì, senza passaporto, ché gli Stati Uniti glielo hanno annullato, e senza asilo, ché l’Ecuador s’è un po’ tirato indietro, Snowden ha chiesto d’un colpo solo asilo politico in 15 Paesi, Russia compresa, consegnando la lista al ministero degli esteri di Mosca. Lo riferisce il Los Angeles Times, secondo cui il passo appare “una mossa disperata dopo il no dell’Ecuador”.

Putin non pare avere Snowden in simpatia. Ma ripete che la Russia non lo consegnerà, che la ‘talpa’ non è un agente russo e che i servizi russi non stanno lavorando con lui; e apre uno spiraglio quando dice se vuole stare restare in Russia l’ex analista dell’intelligence deve “cessare il suo lavoro volto a danneggiare i nostri partner americani”. Lo svolgimento a Mosca di un Forum di Paesi esportatori di gas crea la voce che Snowden possa andarsene con il presidente del Venezuela Maduro.

Il Datagate non distrae Obama, che è in Africa, dalle sue priorità: in Tanzania, presenta un piano da 10 milioni di dollari per contrastare il contrabbando di animali protetti, specie elefanti e rinoceronti, un mercato illegale tra i 7 e i 10 miliardi di dollari l’anno. Dunque, per salvare specie in pericolo, la Casa Bianca è pronta a spendere la metà di quanto spende ogni anno per spiare gli europei e tutti gli altri.

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