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sabato 13 luglio 2013

Italia/Ue 2014: dibattiti; federalismo leggero, la formula è servita

Scritto per EurActiv il 13/07/2013

Quale Europa, per l’Italia?, e quale Italia, in Europa? Su questi temi, c’è un fervore inconsueto d’incontri e di dibattiti. Movimenti europeisti, centri studi, persino alcuni politici hanno, o prendono, coscienza del profilarsi all’orizzonte dell’ingorgo istituzionale Ue 2014, di cui l’Italia sarà protagonista, perché, nel secondo semestre, avrà la presidenza di turno del Consiglio dei Ministri dell’Unione.

Il ritmo sarà serrato: a fine maggio, le elezioni europee; poi, il rinnovo dei vertici delle Istituzioni dell’Ue e di tutta la Commissione di Bruxelles; e, dopo, la prospettiva –nebulosa, ora- dell’avvio d’una fase d’approfondimento, e di revisione, dell’integrazione. La stagione delle nomine potrebbe anche coincidere con qualche novità procedurale, come la designazione, da parte dei partiti europei, di candidati alla presidenza dell’Esecutivo; e c’è pure chi prospetta, ma è ipotesi più sfumata e incerta, una confluenza dei ruoli di presidente dell’Esecutivo comunitario e del Consiglio europeo.

Senza contare le suggestioni storiche di cui il 2014 è latore, con una coincidenza quasi perfetta - nota il ministro degli Affari europei Enzo Moavero - tra “l’inizio della disgregazione e la fine dell’integrazione”: a cent’anni dall’assassinio di Sarajevo e dalla deflagrazione della Grande Guerra, si starà per completare l’inserimento dei Balcani nell’Unione.

Molte le occasioni per parlarne, nella settimana che si conclude. Solo per citarne alcune: martedì 9, alla Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, la presentazione, un po’ fuori tempo, dell’annuario IAI e ISPI sulla politica estera dell’Italia; mercoledì 10, l’incontro del ministro degli Esteri Emma Bonino con il comitato direttivo dell’Istituto Affari Internazionali; giovedì 11, nella Sala della Protomoteca in Campidoglio, l’East Forum 2013 dedicato al tema ‘Cittadinanza europea, legittimità democratica e unione economica: quale agenda per un’Europa più forte”.

L’East Forum è stata la scena di un vero dibattito tra un vero euroscettico, col senso del marketing, Vaclav Klaus, ex presidente della Repubblica Ceca (“la risposta è meno Europa, non più Europa”), e un vero europeista, Guy Verhofstadt, ex premier belga, eurodeputato, co-presidente del Gruppo Spinelli. Ma pure Franco Debenedetti, presidente dell’Istituto Bruno Leoni, non ha sfigurato quanto a euro-sfiducia, argomentando che “chi parla di Stati Uniti d’Europa parla contro l’Europa” e che “l’Europa non è la nostra salvezza”.

Uno dei nodi del dibattito europeo è la cessione di sovranità degli Stati all’Unione perché si realizzi, ad esempio, una vera governance europea dell’economia e della finanza, oltre le Unioni monetaria e bancaria, e perché s’avanzi in prospettiva verso l’Unione politica. Verhofstadt spiega che più potere all’Unione non significa perdere sovranità, ma, al contario, riappropriarsi di una sovranità che, nell’attuale contesto internazionale, gli Stati europei hanno già perduto: nel giro di due/tre decenni, il vero G8, dove oggi siedono impropriamente quattro Paesi Ue, non ne vedrà presente neppure uno, perché, accanto a Usa, Cina, India, Giappone, Brasile e Russia, vi saranno Messico e Indonesia.

Nel disegno della Bonino, l’Europa è, con la Diplomazia per la Crescita e le crisi del Mediterraneo, uno dei tre filoni principali della politica estera italiana, con la certezza che, sull’integrazione, “non si torna indietro, ma si va avanti”. Senza riconoscersi in nessuna delle tre posizioni oggi prevalenti nei 27 –non solo a livello di governi, ma anche di opinioni pubbliche-: quelli che puntano tutto e solo sul mercato; quelli che preferiscono stare fermi, aspettando il superamento della crisi (o, magari, a più breve termine, le elezioni tedesche); e quelli che vorrebbero smantellare quel che c’è, a cominciare dall’euro.

Al di là del riconoscimento degli errori e delle latitanze dell’Unione (contro la crisi, o sui fronti della politica estera), la Bonino è pronta a “dare battaglia” verso un’Unione politica caratterizzata da un federalismo leggero e un bilancio più robusto: la formula è servita, bisogna ora darle concretezza e contenuti. E fra gli europeisti c’è chi prepara la battaglia non solo per un approfondimento dell’integrazione, ma anche – nota l’ambasciatore Rocco Cangelosi, ex rappresentante dell’Italia presso l’Ue – per un cambiamento delle regole

Il tutto nel segno di appelli schizofrenici a una maggiore democraticità delle istituzioni europee, dove, da una parte, si vuole più partecipazione alle scelte europee, ma, dall’altra, si teme l’inquinamento populista. Fin quando Giuliano Amato sbotta in un “basta con il demos”, ché, “se fossimo stati ad aspettare il popolo, l’unità d’Italia non si sarebbe ancora fatta”. La legittimazione delle istituzioni europee si fa “dando loro più potere”. Resta il problema del come. Magari, se ne discuterà nella prossima legislatura del Parlamento europeo, se la crisi sfumerà e sarà più facile prendere decisioni non solo contingenti, ma di prospettiva.

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