Da parte
europea, è un coro greco: i leader delle istituzioni dell’Unione e i capi delle
diplomazie degli ormai 28, con l’ingresso da oggi della Croazia nell’Ue, esigono
“spiegazioni” sul programma di spionaggio americano che avrebbe tenuto sotto controllo
l’Europa e milioni di suoi cittadini. E molti
minacciano conseguenze, anche sulla trattativa, appena lanciata in pompa magna
al G8 nell’Ulster il 18 giugno, per una zona di libero scambio transatlantica.
“Fra partner, non ci si spia”, dice Viviane Reding, responsabile della
giustizia, una delle lingue più sciolte della Commissione di Bruxelles.
Il coro è la
replica alle rivelazioni del settimanale tedesco Der Spiegel, che, basandosi su
documenti della talpa del Datagate Edward Snowden, afferma che Prism, il
programma di spionaggio dell’Agenzia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti,
aveva fra gli obiettivi anche l’Unione europea. E, in Germania, il tema accende
la campagna elettorale, con l’opposizione socialdemocratica che mette sotto
attacco la cancelliera Merkel e la sua coalizione.
La cascata di
rivelazioni espone a infortuni pure le talpe. Snowden continua ad essere
confinato, ormai da una settimana, nell’area ‘transiti’ dell’aeroporto
Sheremetyevo di Mosca: gli Usa lo reclamano, la Russia vorrebbe toglierselo di
torno, l’Ecuador non s’affanna mica per accoglierlo. L’ex analista
dell’intelligence americana avrebbe ancora in serbo, secondo Julian Assange,
fondatore di Wikileaks, “nuove rivelazioni”.
Ma un suo emulo,
Wayne Madsen, mette in difficoltà The Guardian, che prima ne pubblica la storia
secondo cui sette Paesi europei, fra cui l’Italia, avrebbe fornito dati e
informazioni agli Stati Uniti, poi se la rimangia perché –spiega- “la fonte non
è attendibile”. Madsen è un personaggio che coltiva le teorie del complotto e
che avrebbe pure diffuso voci sulla presunta omosessualità del presidente Obama.
Dopo essere
stato nella US Navy, Madsen lavora per 12 anni alla Nsa ricoprendo vari ruoli;
poi, si dedica al giornalismo investigativo e pubblica diversi libri. The
Guardian riprende –e poi se ne pente- un'intervista al blog PrivacySurgeon.org:
Madsen vi esprime rabbia per l'ipocrisia della Nsa su Snowden, braccato –afferma-
per avere detto quanto il direttore dell’Agenzia Keith Alexander avrebbe già
rivelato in cinque successivi incontri della Bilderberg Conference.
Il fatto è che
le dichiarazioni di Madsen, e molte di quelle di Snowden, non sono vere e
proprie rivelazioni, ma piuttosto riepiloghi di situazioni già note e di
programmi di cooperazione spesso figli del clima da guerra al terrorismo post
11 Settembre 2001, quando scambi d’informazioni, collaborazioni fino alle
‘renditions’ e sequestri tipo Abu Omar erano all’ordine del giorno. Iniziative
che lasciano in giro migliaia di ‘contractors’ capaci di denunciare, per
profitto o magari per sussulti d’idealismo, le agenzie d’intelligence di mezzo
mondo.
Stupisce,
piuttosto, lo sciorinio di candore delle reazioni europee, come se capi di
Stato o di governo e ministri degli esteri non fossero al corrente dei patti intercorsi.
Gli 007 italiani negano che l'Italia passi dati personali agli Stati Uniti e
ammettono una collaborazione anti-terrorismo non basata sulla consegna
d’informazioni personali. Franco Frattini, ex commissario alla giustizia
dell’Ue ed ex ministro degli esteri, dichiara
“impossibile” che dati personali siano stati passati dall’Italia agli Usa: si
tratta "solo di collaborazione per prevenzione e investigazione
antiterrorismo".
In questo
senso, fu più seria la reazione del Congresso di Washington alle prime sortite
di Snowden: “E’ vero, lo abbiamo sempre saputo” (e avallato). Del resto, Prism,
che colleziona dati dai maggiori colossi internet, costa 20 milioni di dollari
l'anno - afferma il Washington Post -. Microsoft vi aderì nel 2007, Apple per
ultima nel 2012.
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