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venerdì 7 marzo 2014

Libia: lo scalpo di Saadi sull'esordio della Mogherini

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 07/03/2014

L’estradizione dal Niger a Tripoli di Saadi Gheddafi, 41 anni, figlio del colonnello dittatore rovesciato e ucciso nel 2011, piomba sulla Conferenza per la Libia alla Farnesina, e complica imprevedibilmente una situazione già “molto preoccupante” –il giudizio è unanime-.

La notizia rende ancora più difficile la giornata campale di Federica Mogherini, ministro degli esteri italiano, all’esordio nella gestione di una conferenza internazionale, solo pochi giorni dopo essersi insediata ed essersi cimentata in contesti multilaterali, a Bruxelles e a Parigi. La Mogherini sa, però, dare subito il tono alla riunione, affermando che “i progressi in Libia dopo la dittatura sono troppo lenti” e frenano la possibilità di realizzare i progetti d’aiuto della comunità internazionale.

Per un giorno, Roma è capitale della diplomazia mondiale, crocevia di tutte le crisi. La Mogherini, 41 anni, il più giovane ministro degli esteri dell’Italia repubblicana, apre la Conferenza sulla Libia cui partecipano circa 40 delegazioni e tiene la conferenza stampa finale, insieme ai responsabili dell’Onu presenti. Col premier libico Ali Zeidan e il ministro degli Esteri Mohamed Abdelaziz, ci sono i capi delle diplomazie di Usa, Russia, Francia, Germania, Grecia, Egitto, Turchia e molti altri.

Saadi, che era agli arresti domiciliari in Niger, è ora rinchiuso nel carcere di Tripoli: è accusato d’appropriazione indebita e intimidazione, reati riferiti a quando guidava la Federcalcio libica. Noto soprattutto come playboy e aspirante calciatore, Saadi fuggì dalla Libia dopo la caduta del regime e trovò rifugiò in Niger poco prima dell'uccisione del padre, il 20 ottobre. Le autorità di Niamey gli avevano concesso asilo politico e, fino a ieri, ne avevano sempre rifiutato l’estradizione.

Ieri, gli ex ribelli ora suoi carcerieri hanno postato cinque foto che lo ritraggono con l'uniforme blu dei detenuti: inginocchiato su un materasso, viene rasato a zero. Saadi, a differenza di Seif al Islam, il fratello detenuto nella prigione di Zentan, non è ricercato dal Tribunale penale internazionale. Tutto il resto della famiglia è al sicuro in Oman.

L’estradizione pare un successo delle autorità libiche, ma rende più intricata la situazione nel Paese, dove –dice il ministro degli esteri francese Fabius- c’è "rischio terrorismo a Sud", e gli “equilibri sono instabili". Due le linee d’azione emerse: sul fronte politico, chiedere "ai libici di parlarsi e trovare una soluzione stabile"; sul fronte della sicurezza, Francia e Germania intendono "proteggere i depositi di armi sequestrate" per evitare che finiscano nelle mani delle milizie.

Per la Mogherini, è un test impegnativo: gioca in casa, ma su un terreno per l’Italia sempre scivoloso –quello delle relazioni con la Libia, una ex colonia-; deve gestire un intreccio di temi e dividersi tra la plenaria e i bilaterali. Ordinaria amministrazione, per i suoi colleghi più stagionati; una prova del nove per lei. Il ministro deve dimostrare di sapere passare alla fase operativa, superando l’imprinting iniziale di questo governo: diplomazia da facebook delle foto ricordo e tweet e sms buonisti, come quelli scambiati tra lei ed Emma Bonino.

La Mogherini, preparata e appassionata alle questioni internazionali, ne esce bene, senza strafare. La Libia resta un groviglio. Ma nessuno si aspettava di risolverne i problemi ieri a Roma.

1 commento:

  1. Mi sembra bene per il giovane ministro in un contesto di difficoltà.

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