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mercoledì 26 marzo 2014

Ucraina: Obama gioca di rimessa, Putin tiene palla

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/03/2014

Sull’Ucraina, Obama passa di nuovo la palla a Putin: “Se la Russia sbaglia mossa, paga pegno”, dice al termine del Vertice dell’Aja sulla sicurezza nucleare. Come se Putin la palla non l’avesse dall’inizio di questa crisi: fa un possesso che manco il Barcellona di Guardiola. L’Occidente gioca di rimessa, senza pungere.

Obama è aspro: “La Russia è una potenza regionale che mette in difficoltà i suoi vicini, non perché è forte, ma perché è debole”. E ripete la litania delle accuse a Mosca, che ha violato la sovranità ucraina e s’è annessa la Crimea contro il diritto internazionale (ma a furor di popolo). “Noi –dice Obama- abbiamo una notevole influenza sui nostri vicini, ma non abbiamo bisogno d’invaderli per cooperare con loro”.

Gli Stati Uniti e i loro alleati sono preoccupati per i movimenti di truppe russe lungo i confini, non solo con l’Ucraina, ma anche con i Paesi Baltici. Aleggia l’ipotesi di invocare l’articolo V della Carta atlantica, che fa scattare la solidarietà Nato, ma non siamo ancora a quel punto (e tutti sperano che non ci si arrivi). Obama ne parlerà oggi a Bruxelles con il segretario generale della Nato, il danese Rasmussen, dopo il Vertice con i leader dell’Ue.

Il presidente americano fa la voce grossa, anche se ammette che la crisi ucraina “non è una minaccia diretta per gli Stati Uniti”. A Kiev, molta gente ha i nervi tesi. Il ministro della difesa ucraino Igor Teniukh si dimette: è il capro espiatorio dell’umiliazione subita dalle truppe del suo Paese in Crimea. Della leader dell’opposizione Yulia Timoshenko, viene diffusa un’intercettazione –la cui autenticità è contestata- in cui si dice pronta a sparare con il mitra a Putin e auspica l’olocausto nucleare per gli otto milioni di russi d’Ucraina.

La linea dura dell’asse America-Europa è, in realtà, una Maginot piena di crepe. Un solo punto fa l’unanimità: un conflitto militare è escluso. Sulle sanzioni economiche, che possano davvero fare male alla Russia, il premier olandese Mark Rutte dice che vanno modulate: “Bisogna colpire Mosca, non farci male noi stessi”. C’è il progetto di un vertice Usa-Ue sull’energia, per diversificare gli approvvigionamenti e rendere l’Europa meno dipendente dal gas russo.

Chi non esita a spezzare il fronte atlantico è Silvio Berlusconi che, all’aeroporto di Ciampino, poco prima dell’arrivo del segretario di Stato John Kerry, staffetta di Obama, atteso per questa sera, definisce avventate le decisioni del G7 contro l’amico Putin.

Al di fuori dei Paesi della Nato, Obama trova risposte fredde. I Paesi emergenti stanno alla larga dalla tengono questione ucraina. Il presidente cinese Xi Jinping esprime solidarietà a Kiev, ma non critica Mosca né menziona le sanzioni.

La Russia, dal canto suo, non drammatizza la decisione dei Grandi di cancellare il G8 di Sochi e fa sapere di “essere interessata a continuare a lavorare con il G8”. C’è, evidentemente, la speranza, quasi la certezza, che, superata la crisi, i riti diplomatici della governance mondiale riprendano come se niente fosse stato.

Il terzo vertice mondiale sulla sicurezza nucleare si conclude all’insegna della priorità alla sicurezza e con espressioni di soddisfazione, da parte italiana, per  l’avvenuto smaltimento del materiale fissile sul nostro territorio. Il presidente Obama, atteso oggi dagli appuntamenti Ue e Nato, è particolarmente attento agli alleati europei: “Gli Stati Uniti sono orgogliosi del loro curriculum di collaborazione con tutto il mondo, in particolare con l’Europa”.

Ai partner, il presidente Usa fa sapere di lavorare a una riforma dell’intelligence dopo lo scandalo del Datagate, ammette i rischi di abusi favoriti – osserva – dalle nuove tecnologie e riconosce che lo scandalo ha creato una “diffidenza diffusa” nei confronti degli Stati Uniti.  Gli incontri di oggi serviranno – spera – a diradarla.

A margine del vertice, il ministro degli Esteri Federica Mogherini affronta con la delegazione indiana la questione dei maro’. Nessun passo avanti, ma “uno scambio franco” per ribadire la richiesta che La Torre e Girone siano giudicati in Italia.

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