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venerdì 2 gennaio 2015

2015: accadde domani, nel triangolo Usa-Ue-Russia il fattore Ucraina

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 02/01/2015

L’anatra zoppa entra, a sorpresa, nel 2015 volando come un germano reale. E lo zar padrone di tutte le Russie, e pure d’un pezzo d’Ucraina, ci entra con il morale d’un mugiko: politica ed economia gli girano male. Barak Obama e Vladimir Putin, protagonisti assoluti dell’attualità internazionale, sembrano essersi scambiati i ruoli, all’ingresso nel nuovo anno.

Il presidente americano, dopo la batosta nel voto di Mid-term, pareva ridotto a un’ameba politica. Invece, è stato capace di prendere l’iniziativa e ha dettato l’agenda legislativa al nuovo Congresso, che s’insedierà la prossima settimana, a maggioranza repubblicana sia alla Camera che al Senato: Obama lancia la riforma dell’immigrazione, con l’equivalente statunitense di un decreto legge, costringendo il Congresso ad occuparsene; e abbatte il muro diplomatico delle relazioni con Cuba, passando a deputati e senatori la patata bollente della fine dell’embargo.

Nonostante l’episodio del matrimonio di due militari spostato di piazzola, per lasciare il presidente giocare a golf, neppure il ‘Natale alle Hawaii’ della famiglia Obama diviene un cine-panettone, come volevano i repubblicani, che criticano le vacanze d’inverno troppo lunghe –due settimane-, mentre le tensioni razziali in tutta l’Unione non accennano a placarsi e vengono anzi rinfocolate da nuovi episodi.

Dalla Hawaii, invece, il presidente può salutare con soddisfazione la decisione della Sony, da lui auspicata, di diffondere il film ‘The Interview’, nonostante gli attacchi di hackers -d’incerta origine-e le pressioni della Corea del Nord, e i risultati economici del terzo trimestre, addirittura trionfali per l’Amministrazione, che spingono l’indice principale di Wall Street per la prima volta sopra quota 18mila e rafforzano il dollaro sull’euro. Nel terzo trimestre il Pil Usa accelera e viene rivisto al rialzo, passando dal +3,9% della seconda lettura al +5% delle terza e finale lettura: mai così bene da 11 anni.

Russia/Ucraina e nuova Guerra Fredda – C’è il sospetto che la nuova Guerra Fredda tra Russia e Occidente, innescata dalla crisi ucraina, faccia bene all'economia americana e, per contro, colpisca quella russa, danneggiata dalle sanzioni di Usa ed Ue, ma soprattutto frenata dalla guerra dei prezzi del petrolio scatenata –magari per conto di Washington- dall'Arabia Saudita e da altri Paesi Opec, che tengono alta la produzione nonostante la domanda sia bassa. Prezzi giù, quindi; di conseguenza, rublo giù.

Il presidente russo, che da circa un anno e mezzo, dalla crisi siriana dell’estate 2013, aveva in mano il pallino della politica internazionale, non sa come contrastare la crisi economica: battendo sul tasto del nazionalismo, esclude marce indietro sull'Ucraina e, tanto meno, sulla Crimea, la cui annessione è illusorio considerare reversibile.

Spingere la Russia nell'angolo, e alimentare l’ipotesi di un’adesione dell’Ucraina alla Nato, significa allontanare la soluzione della crisi ucraina, che va invece cercata con negoziati tra le parti, senza esasperare i contrasti tra gli ‘europei’ di Kiev e i ‘russi’ dell’Est del Paese. E significa pure incoraggiare nuovi assi d’antico sapore sulla scena internazionale, come l’avvicinamento tra Mosca e Pechino, che da energetico può diventare economico e politico.

Unione europea, la grande assente – Tra Russia e Ucraina, il ruolo di mediazione dovrebbe essere svolto dall'Unione europea, che esce da un anno di transizione, con il rinnovo di tutti i suoi Vertici istituzionali e dell’apparato legislativo. L'Ue, però, inizia il 2015 con l’handicap del riacutizzarsi della crisi greca: le incognite legate alle elezioni politiche anticipate del 25 gennaio danno di nuovo corpo ai timori di contagio per le altre economie europee deboli, in primo luogo l’italiana.

Le incertezze greche s’intersecano con l’impostazione e l’avvio del ‘piano Juncker’, un programma d’investimenti che dovrebbe rilanciare la crescita e l’occupazione e i cui effetti restano al momento ipotetici. Il disegno dell’integrazione resta in panne, nonostante alcuni progressi, come l’allargamento, il 1° gennaio, dell’area euro -vi entra la Lituania, 19° stato della moneta unica- e come il completamento dell’Unione bancaria.


A rendere concreta la speranza d’un’Europa mediatrice tra Russia e Ucraina non contribuiscono né gli interessi energetici dei 28, fortemente diversificati, né la successione delle presidenze di turno semestrali del Consiglio dell’Ue: dopo l’Italia, tocca da ieri alla Lettonia –all'esordio nel ruolo e, quindi, inesperta, ma soprattutto il Paese dell’Unione più anti-russo-; e, dal 1° luglio, sarà la volta del Lussemburgo, non certo una potenza diplomatica. Resta la carta dell’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea, Federica Mogherini: un’occasione per mostrare che le riserve sulla sua scelta erano infondate.

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