Scritto per Il Fatto Quotidiano del 15/01/2015
Diciamoci la
verità: a caldo, tutti avevamo pensato che l’attacco terroristico contro
Charlie Hebdo e la scia di sangue e di paura lasciata a Parigi dai criminali
jihadisti nell'arco di 60 ore, 17 vittime, senza contare i tre killer
abbattuti, si sarebbe tradotto in un vantaggio politico per Marine Le Pen e il
Front National e sarebbe stato il colpo di grazia per il presidente Hollande,
senza seguito e senza carisma.
Invece, una
settimana dopo, i sondaggi dicono che François Hollande, il ‘presidente senza
qualità’, il socialista sbiadito, un ‘quacquaracqua’, recupera popolarità agli
occhi dei francesi, mentre il Fn e la Le Pen ne perdono: forte la risalita del
presidente, lieve il calo della leader dell’estrema destra xenofoba e populista
–rispettivamente, otto e due punti-.
Ma
colpiscono ancora di più le percentuali con cui i francesi promuovono Hollande
e il suo premier Manuel Valls: in un rilevamento per I-Télé, il 79% degli
intervistati ritiene che l’Eliseo e il governo siano stati “all’altezza della
situazione” in questa vicenda e l’abbiano “gestita bene”. La percentuale sale
addirittura all’88% in un rilevamento per Bfm-Tv –con i socialisti quasi
unanimi nel sostenere il presidente-.
Chi si aspetta roventi polemiche per le lacune dell’intelligence e gli errori
della polizia resta deluso. I francesi si stringono intorno alle loro
istituzioni e alle figure che le impersonificano: il presidente capace di
“confortare la nazione nell'ora della prova e di unirla nella crisi” piace; e,
invece, non piace il ‘riflesso dell’avvoltoio’ con cui la Le Pen s’era subito
lanciata sulla preda, considerandola spacciata.
Impossibile prevedere quanto a lungo questa ritrovata sintonia tra il
presidente e il Paese durerà; ingenuo credere che arrivi fino alle elezioni del
2017, lontane quasi 30 mesi. Ma, oggi, Hollande è un presidente reso più forte
dalla legittimazione popolare e appare pure più risoluto nelle decisioni.
Al punto da concedersi gesti ‘alla Bush’ post 11 Settembre 2001. Per mostrare
che la Francia non si lascia intimorire dalle stragi di Parigi, confortato dal voto plebiscitario dell’Assemblea
nazionale - un solo no contro la prosecuzione dell’azione militare contro il
sedicente Califfato -, il presidente conferma l'invio della portaerei a
propulsione nucleare Charles de Gaulle e della sua flotta nell'Oceano Indiano e
nel Golfo Persico, per intensificare le azioni in Iraq contro lo Stato
islamico.
La decisione, in realtà, era già stata
presa il 6 gennaio, il giorno prima dell’attacco terroristico. Ma Hollande
sceglie di farne l’annuncio ufficiale dal ponte della de Gaulle, "grazie
alla quale – dice -avremo informazioni di intelligence...e potremmo condurre raid
in Iraq". Immagine e circostanze ricordano, a chi lo visse, l’improvvido
discorso di George W, Bush a bordo della portaerei Lincoln di ritorno dal Golfo
nel maggio 2003: “Missione compiuta”, recitava un ingenuo striscione, mentre la
guerra si sarebbe protratta per altri otto anni –in realtà, non è mai finita- e
avrebbe ancora fatto migliaia di caduti americani e centinaia di migliaia di
morti iracheni.
Mentre Hollande parla, l'ammiraglia della
flotta francese, scortata da un sottomarino nucleare d'attacco, un incrociatore
e diverse altre unità di superficie, s’appresta a salpare dal porto di Tolone,
nel sud della Francia. Nel Golfo, la de Gaulle opererà a stretto contatto con
le forze della coalizione, a guida Usa: il presidente ne parlerà, venerdì, con
il segretario di Stato John Kerry, atteso a Parigi per ovviare alla gaffe diplomatica
della ridotta partecipazione ufficiale Usa alla marcia di domenica.
Ai militari, e ai francesi, Hollande dice: "La missione che
comincia è una risposta al terrorismo … La de Gaulle è uno strumento di forza e
di potenza, un simbolo di indipendenza che testimonia la capacità politica e
militare della Francia". Anche la riduzione degli effettivi
delle forze armate dovrà essere "rivista e adattata" alla luce della
"situazione eccezionale" che il Paese deve affrontare: il piano 2014-2019
prevedeva il taglio di circa 24 mila elementi, di cui 7.500 nel 2015; ma i
numeri, ora, possono cambiare.
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