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sabato 10 gennaio 2015

Charlie Hebdo: terrorismo, la corsa degli integralisti ad aggiudicarsi i martiri

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 10/01/2015

I truci assassini di Charlier Hebdo finiscono uccisi, da martiri. E questo, anziché smorzare, amplifica l’eco delle loro ‘gesta’ nell’incubatrice del terrorismo che sono i movimenti integralisti, dove si fa a gara a chi più ne ammazza –di nemici e di infedeli-. Jihadisti del Califfato e ‘sansepolcristi’ di al Qaida si contendono l’impresa criminale dei fratelli Kouachi, mentre i servizi di sicurezza occidentale temono l’effetto domino delle 48 ore d’angoscia e di sangue a Parigi: cellule autonome o cani sciolti, i ‘copycats del terrore’ hanno avuto di che ispirarsi.

Il capo dell'MI5, il controspionaggio britannico, Andrew Parker dice espressamente che al Qaida, anche per rivalità con le milizie del Califfato, progetta “un massacro su larga scala”: vuole così tornare a essere punto di riferimento dell’integralismo anti-occidentale, una galassia di sigle e organizzazioni, dopo essere stata oscurata dai successi delle milizie.

In un raro intervento pubblico, già previsto prima della carneficina a Charlie Hebdo, Parker avverte che i miliziani di "al Qaeda in Siria preparano attacchi per provocare stragi in Occidente", colpendo "il sistema di trasporti" o "obiettivi icona". Parlando nella sede dell’MI5, Thames House sul Tamigi, Parker mette in guardia: un attacco nel Regno Unito è "altamente probabile".

Proprio la corsa alla rivendicazione del massacro di Parigi testimonia che i movimenti integralisti stanno combattendo sul terreno dei ‘social media’ la battaglia –scrive Umberto De Giovannangeli sull’Huffington Post- “per la leadership dell’Islam radicale armato e per la conquista della Umma, la comunità islamica”. Gli jihadisti del Califfato e i loro emuli avevano segnato punti dallo Yemen alla Libia, dalla Nigeria alla Somalia: conquiste territoriali, video-decapitazioni, rapimenti.

Al Qaida adesso sbandiera la rivendicazione dei fratelli Kouachi: “Siamo mujaheddin di al Qaida nella Penisola arabica”, l’Aqap. E l’intelligence in qualche misura avalla: Said era stato addestrato da al Qaida nello Yemen nel 2011. E i media della ‘rete’ avevano più volte incitato come obiettivo da colpire Charlie Hebdo.

La preoccupazione è occidentale, ma non solo. L’Arabia Saudita e le altre monarchie del Golfo, così come Turchia ed Egitto, vorrebbero soffocare l’ondata integralista, che rischia di ritorcersi contro i loro sistemi. E il presidente iraniano Hassan Rohani condanna la strage di Charlie Hebdo, pur senza citarla in modo esplicito: "Coloro che uccidono nel nome della jihad, della religione o dell'Islam provocano atteggiamenti di islamofobia, che lo vogliano o meno". Il settimanale satirico, in passato, era stato nel mirino del regime degli ayatollah, che non ha mai revocato la fatwa contro lo scrittore Salman Rushdie per i suoi "Versetti satanici".

Nelle preghiere del venerdì, a Teheran, l'autorevole imam Ahmad Khatami proclama: "L'Islam non permette l'uccisione di innocenti, a Parigi come in Siria, in Iraq, Yemen, Pakistan e Afghanistan". Ma a Mosul, roccaforte del califfo al-Baghdadi, l’imam Abu Saad al-Ansari rivendica al sedicente Stato islamico l’azione di Parigi: “Abbiamo iniziato con l'operazione in Francia ... Domani saranno la Gran Bretagna, Gli Stati Uniti e altri … Questo è un messaggio per tutti i Paesi che partecipano alla coalizione - internazionale, ndr - che ha ucciso militanti dello Stato islamico».

Le rivalità all'interno dell’intreccio di militanze integraliste amplifica pericolosità e imprevedibilità dell’insidia terroristica: l’Europa si sente sotto attacco, Ue e Usa devono coordinare la loro risposta. A questo servirà il Vertice di domenica a Parigi dei responsabili dell’Interno dei 28, con il ministro della Giustizia Usa Eric Holder. E il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk dice che la lotta al terrorismo sarà sull’agenda della riunione dei capi di Stato e di governo dell’Ue il 12 febbraio.


Incontri che però rischiano di ridursi a testimonianze di solidarietà, come le firme che s’infittiscono sui registri delle condoglianze nelle ambasciate di Francia in tutto il Mondo. "Vive la France!", scrive Barack Obama, prima di osservare un minuto di silenzio. Che, altrove, i predicatori di morte riempiono dei loro proclami.

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