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giovedì 8 gennaio 2015

Charlie Hebdo: Charb e le sue canaglie, martiri della libertà d'espressione

Scritto per Il fatto Quotidiano dello 08/01/2015

Testata simbolo d’una stampa libera e comunque e sempre d’opposizione, elogio in sé della libertà d’espressione, il settimanale Charlie Hebdo aveva già ricevuto minacce terroristiche e la redazione era stata devastata da un incendio criminale, dopo la pubblicazione di caricature di Maometto.
Nella strage presso la sede del giornale, il singolo attentato più grave in Francia dai tempi dell’Oas e della guerra d’Algeria, sono morti disegnatori celebri, non solo in Francia, come Charb, il direttore, Cabu, Wolinski e Tignous, con un economista e almeno altri sette tra redattori e collaboratori.

Nato nel 1970, Charlie Hebdo, più giovane, meno conosciuto ed anche più “politicamente scorretto” di ‘Le Canard Enchainé’, testimoniava la persistenza e la vitalità in Francia d’una tradizione satirica che in Italia s’è invece persa, nonostante tentativi di risuscitarla, complice il progressivo venire meno della funzione di denuncia e di critica del nostro giornalismo.

Charlie Hebdo non ha mai esitato a pubblicare vignette provocatorie, facendosi beffe volta a volta di leader e divi, di ideologie e religioni. Rendendo omaggio alle vittime, Salman Rushdie, l’autore dei ‘Versetti Satanici’, colpito da una fatwa nel 1989 e costretto a un decennio di clandestinità, ha detto: “La satira deve applicarsi anche alla religione”.

La rivista era ‘figlia’ di HaraKiri, fondata e animata dallo scrittore François Cavanna e da un noto umorista, il Professore Choron, messa al bando nel 1970, dopo una prima pagina dissacrante sulla morte del generale De Gaulle. Il che ricorda che l’ostilità alla satira non è un’esclusiva dell’integralismo islamico, ma è una tentazione ricorrente del potere e dell’autorità.

Il nuovo settimanale aveva, nel nome, un riferimento a Charlie Brown, la creatura universalmente nota di Charles Schultz. Alcuni dei suoi autori più celebri, come Wolinski, una delle vittime, erano divenuti noti in Italia pubblicando su Linus.

Abituato alle denunce per diffamazione, ma oberato dai processi e dalle condanne, il settimanale sospese le pubblicazioni dal 1981 al 1992. Quando tornò in edicola, la copertina mostrava l’allora presidente Francois Mitterrand affranto: fra tutti i problemi della Francia, lo crucciava soprattutto “il ritorno di Charlie Hebdo”.

Nel febbraio 2006, il settimanale aveva pubblicato, come del resto numerosi altri giornali europei, tutti a tutela della libertà d’espressione, le 12 caricature di Maometto di un quotidiano danese, il Jyllands-Posten, che avevano suscitato proteste violente con morti e feriti nel Mondo islamico. Ieri, il Jyllands-Posten è stato posto sotto sorveglianza rinforzata dalle autorità danesi.

Da allora, Charlie Hedbo aveva fatto oggetto di minacce ricorrenti di gruppi islamici. L’avvocato del settimanale, Richard Malka, intervistato da Rtl, racconta: “Sono otto anni che viviamo sotto minaccia e sotto protezione. Ma non c’è parata contro dei barbari che arrivano con i kalashnikov”.

Nel 2008, la giustizia francese aveva assolto Charlie Hebdo, processato per “offese ai musulmani”, giudicando che le caricature contestate prendevano di mira una frazione della comunità islamica, e cioè i terroristi integralisti, e non “l’insieme della comunità musulmana”.

Nonostante il persistere di minacce e intimidazioni, nel 2011 il settimanale ‘recidiva’: pubblica addirittura un numero speciale, che s’intitola ‘Sharia Hebdo’, giocando sull’assonanza in francese tra ‘sharia’, la legge islamica, e Charlie, con in prima pagina la caricatura d’un profeta Maometto anormalmente ilare: 400 mila le copie vendute, un successone. Ma il giorno dell’uscita in edicola i locali della rivista sono distrutti da un incendio doloso.

Le autorità parlano di “attentato” e dirigono i sospetti contro “i musulmani integralisti”. Il direttore, Charb, minacciato di morte, viene messo sotto protezione: figura fra le vittime della strage di ieri. Il sito internet è attaccato a più riprese da hackers anoimi. Ma Charlie Hebdo non si ferma: nel 2012, pubblica altre caricature, contestate in modo violento in diversi Paesi musulmani.

Spregiudicata, coraggiosa, la rivista subisce più la crisi della stampa tradizionale che le minacce. E’ ormai sull’orlo del fallimento: senza pubblicità per scelta, in perdita, senza il sostegno di mecenati, vende circa 30 mila copie a numero ed ha appena lanciato un appello alle donazioni per continuare a uscire.

L’attacco terroristico cruento e fanatico di ieri, c’è da scommetterci, prelude a una nuova stagione di Charlie Hebdo, la cui morte sarebbe una resa ai terroristi di tutta la stampa libera europea. Ma nessuno gli restituirà più i disegni di Tignous, 58 anni, e di Charb, il direttore, 48 anni, uno che diceva: “Preferisco morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio”; di Cabu, 77 anni,  che lavorò con Goscinny, un anarchico sognatore che avrebbe sempre voluto “essere feroce” nei suoi disegni; e di Wolinski, 81 anni, madre italiana, padre polacco, creatore del ‘Roi des Cons’. Loro, ieri, erano tutti alla riunione di redazione cui i terroristi si sono invitati.

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