Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/03/2012
Per essere un diplomatico di carriera, “un funzionario”, dicono i politici, con un tono di spregio superiore al ”tecnico”, Giulio Terzi, ambasciatore, ministro degli esteri del governo Monti, almeno parla chiaro. Fa rapporto al Senato –oggi, è alla Camera- sulle vicende dei marò prigionieri in India e dell’ostaggio ucciso
in Nigeria, due prove difficili per la politica estera italiana. E punta il dito contro Gran Bretagna e India, ma soprattutto contro la compagnia armatrice della Enrica Lexie, la nave su cui si trovavano i due militari ora detenuti con l’accusa di avere ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati.
Quella nave non avrebbe mai dovuto entrare nel porto di Kochi –aveva già detto Terzi, che non si sottrae alle polemiche, prima di presentarsi in Parlamento-. In aula, puntualizza: “La compagnia armatrice –racconta, ricostruendo le prime ore della drammatica vicenda- ha accolto la richiesta indiana di far entrare la nave in acque indiane”, autorizzandola a deviare la rotta. ''Io non avevo titolo ne' autorità per modificare la decisione del comandante” di dirigersi verso Kochi. Ma il governo aveva subito realizzato che la sicurezza dei marò in un porto indiano era a rischio e, da quel momento, ha subito agito per tutelarla. I risultati sono ancora scarsi, ma la situazione, complicata dal contesto politico locale, è oggettivamente difficile: ci sono stati, da parte indiana, dice Terzi, “sotterfugi e azioni coercitive”.
Per la morte di Franco Lamolinara, l’ingegnere ucciso, con un britannico, giovedì scorso dai suoi rapitori –“terroristi di Boko Haram”- nella Nigeria del Nord, durante un raid della squadre speciali britanniche e nigeriane per liberarlo, Terzi riferisce che il ministro degli Esteri britannico William Hague gli ha garantito la “non intenzionalità della tardiva comunicazione” a Roma del blitz: il ritardo –la prima notizia arrivò a Roma alle 11.30, a battaglia già in corso- non è stato dettato “dal timore che l’Italia potesse opporsi” all’operazione.
Bugie diplomatiche, magari, quelle di Hague, ma a dargli del bugiardo c’è poi solo da sfidarlo a duello. C’è, in aula, chi non s’accontenta, ma la famiglia dell’ingegnere ucciso, che non chiede “vendetta”, non fomenta polemiche, né con Londra né con la Farnesina –“ottimi i rapporti” con la diplomazia italiana, dice; e, intanto, riceve una lettera di condoglianze dal premier britannico David Cameron-. Certo, vorrebbe la verità, anche sulle voci di un riscatto su cui s’intrecciano smentite rituali e nessuna conferma.
Lamolinara e marò non tengono banco solo a Palazzo Madama. Il premier Mario Monti ne parla a Bruxelles con il ‘ministro degli esteri europeo’ Lady Ashton, tardivamente pronta "a intraprendere ogni possibile ulteriore passo per arrivare a una soluzione positiva" della questione indiana: oggi, la Ashton farà rapporto al Parlamento europeo sulle iniziative avviate -una delegazione dell’Ue si recherà in India-. Con Monti, c’è concordanza “sulla necessità di inquadrare questo incidente nel contesto della cooperazione internazionale nella lotta contro la pirateria".
Nell’aula di Strasburgo, ieri la vicepresidente dell’Assemblea Roberta Angelilli ha indossato una maglietta con le foto dei due marò e la scritta "On your side", dalla vostra parte. Steffan De Mistura, il sottosegretario sul posto, li ha incontrati in prigione. E Terzi reitera la “volontà di trasparenza” del governo e l’impegno a riportare a casa vivi tutti e nove gli italiani ancora ostaggio nel Mondo.
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