Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/03/2012
Per Paolo Bosusco, si continua a trattare “in un clima positivo”, dicono i negoziatori. La liberazione, sabato, di Claudio Colangelo, uno dei due escursionisti italiani rapiti in India, nello Stato dell’Orissa, il 17 marzo, ridà vigore agli sforzi per portare a casa l’organizzatore di trekking rimasto nelle mani dei guerriglieri maoisti.
Al premier Mario Monti, che lo incontra a Seul, a margine del Vertice sulla sicurezza nucleare, il premier Manmohan Singh garantisce il proprio impegno per la liberazione dell’ostaggio piemontese. E Monti esce dal colloquio fiducioso in una “soluzione amichevole” pure della vicenda dei due marò detenuti nel Kerala perché accusati di avere ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati. I premier si terranno in contatto fino a che i problemi non saranno risolti.
Di a che punto siano le trattative per la liberazione di Bosusco, come quelle per gli altri nove italiani tenuti ostaggio nel mondo, non si sa assolutamente nulla. Il principio è che non si viene a patti con i terroristi. Ma l’ambiguità, quasi inevitabile, di queste situazioni è tutta nelle parole del ministro degli esteri Giulio Terzi: “I canali sono aperti –dice per Bosusco, ma vale per tutti-, ma non abbassiamo la guardia”. Insomma, negoziamo e, se serve, paghiamo, senza stare a dirlo in giro.
In questi casi, il lieto fine non è assicurato neppure quando tutto sembra fatto: basta ricordare il caso di Nicola Calipari, l’agente segreto ucciso a Baghdad il 4 marzo 2005 dal ‘fuoco amico’ d’un marine americano, dopo avere negoziato e ottenuto la liberazione di Giuliana Sgrena, una giornalista sequestrata; o quello più recente dell’ingegnere piemontese Franco Lamolinara, ucciso l’8 marzo nel Nord della Nigeria con un compagno di prigionia durante un blitz delle squadre speciali britanniche e nigeriane, mentre i servizi segreti italiani ne stavano forse trattando la liberazione previo riscatto. Monti da Seul non nega il negoziato, dicendo che “con prove muscolari –un riferimento al blitz in Nigeria?- ci sono meno possibilità di successo”.
Colangelo, prima di lasciare l’India, racconta i “giorni difficili” nella selva tropicale, caldo e marce. E dice: “Sto bene. Spero che ora liberino anche Paolo”. I ribelli maoisti ribadiscono: “sarà rilasciato solo se saranno accolte almeno due delle nostre richieste”, tra cui la scarcerazione della moglie del loro leader e di altri detenuti e la punizione di militari responsabili di violenze su donne; “ci devono prendere sul serio”. Il governo dell’Orissa replica con una flebile intimazione: “Rilasciate l’ostaggio!” (e, se no, che succede?).
La liberazione di Colangelo sarebbe stata una prova di buona volontà, dopo che, sabato, la situazione s’era complicata con il sequestro di un deputato dell’Orissa, che aveva portato –s’era detto- a una sospensione del negoziato. Il leader dei guerriglieri Sabyasachi Panda aveva condannato il rapimento, giudicandolo una mossa sbagliata in quel momento, ma aveva pure criticato le autorità per non avere rapidamente risolto la questione degli italiani: un pioniere della solidarietà come Colangelo e uno “spirito libero” che gioca a scacchi con i suoi carcerieri come Bosusco. Il loro sequestro sarebbe stato fortuito, perché i maoisti volevano catturare elementi dei servizi d’intelligence –ma è difficile scambiare due italiani per due indiani-.
I rovelli indiani del governo Monti non si riducono a ‘portare a casa’ Bosusco e i due marò. Ci sono pure Tomaso Bruno di Albenga e Elisabetta Boncompagni di Torino, condannati all’ergastolo per avere ucciso un compagno di viaggio e detenuti in un carcere di Varanasi da due anni, in attesa del processo di appello. Anche di loro si occuperà il sottosegretario agli esteri Staffan De Mistura, che sta per tornare in India.
Le situazioni indiane, pur profondamente diverse l’una dall’altra –la detenzione dei marò non può essere confrontata con il sequestro di Bosusco-, lontane e non correlate, non sono le uniche spine del governo Monti alla voce ‘ostaggi’: ci sono altri nove di italiani da portare a casa, a cominciare da Rossella Urru, 30 anni, la cooperante sarda rapida nel sud dell’Algeria in ottobre e di cui s’era erroneamente sperata, a febbraio, la liberazione. Nella stessa zona, resta sequestrata dal febbraio 2011 Maria Sandra Mariani, 53 anni. Per la Urru e la Mariani, si sospetta al Qaida per il Maghreb islamico. Un gruppo talebano tiene invece prigioniero Giovanni Lo Porto, un cooperante siciliano rapito il 19 gennaio nel Punjab, in Pakistan. E poi ci sono i sei marittimi della ‘Enrico Ievoli’, trattenuti da pirati somali dal 27 dicembre.
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