Scritto per Il Fatto Quotidiano del 03/03/2012. Altre versioni su lindro.it e euractiv.it
L’Unione europea esce dal lungo inverno della crisi del debito e dei musi lunghi: i leader dei 27 lasciano il Vertice sorridenti, come non accadeva da almeno due anni, parlando di crescita e occupazione, più che di tagli e sacrifici. Eppure, a conti fatti il risultato principale è la firma del Patto di Bilancio fra 25 dei 27 – fuori, si sapeva, Gran Bretagna e Repubblica Ceca-: un giro di vite alle regole sui conti pubblici, specie dei Paesi dell’euro; una sorta d’assicurazione preventiva contro nuovi rischi ‘stile Grecia’.
Il clima della firma è intriso d’ottimismo. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, che pure potrebbe essere all’ultima passerella europea –lo attendono elezioni incerte, ma lui assicura: “Tornerò”-, dice che l’Unione ha “voltato pagina”. Il cancelliere tedesco Angela Merkel parla di “pietra miliare”, il premier Mario Monti di “sviluppo positivo”. Herman van Rompuy, presidente del Vertice, confermato nel ruolo –“E'un privilegio servire l'Europa in un momento così decisivo”, commenta-, ha fiducia nel successo del processo di ratifica “in tempi brevi”, nonostante l’incognita del referendum in Irlanda –una ‘tegola’ caduta martedì sulla testa dell’Ue-.
La Merkel, giunta a Bruxelles dopo avere visto la sua maggioranza sfaldarsi sul salvataggio della Grecia ed essere stata ‘bacchettata’ per eccesso di rigidità dal suo predecessore Helmut Kohl, smorza alcune sue posizioni: ad esempio, sugli interventi della Bce, insistendo, però, sulla necessità d’evitare i rischi della bolla perché –avverte- “la situazione resta fragile”. E il rafforzamento a 750 miliardi di euro del nuovo fondo ‘salva Stati’ non si fa, ma è solo rinviato “a fine marzo”, nelle previsioni coincidenti di Monti e Sarkozi. Forse, i leader amici voglio regalare al presidente in difficoltà nei sondaggi qualche buona notizia europea sotto il voto, che faccia fieno alle urne.
Nei dibattiti, tiene banco la lettera inviata da 12 premier liberisti, fra cui Monti e il britannico David Cameron. Per ora, sono solo discorsi, con cui Sarkozy, che la lettera non l’ha firmata, dichiara di essere d’accordo “all’85%”, non apprezzando “l’impulso alla deregulation”. Ne escono delle conclusioni che sono una lista di buone intenzioni consegnata al presidente della Commissione europea José Manuel Barroso: al Vertice di giugno, ci saranno sul tavolo proposte di ‘project bonds’, l’attuale versione degli ‘eurobonds’, e ‘Tobin Tax’, misure anti-evasione e per il completamento del mercato unico lato servizi, riduzioni dell’influenza delle agenzie di rating e molto altro ancora. Barroso dichiara con enfasi: “Abbiamo avviato una nuova fase della crescita europea”. E, intanto, parte una raffica d’attacchi alla Svizzera: l’Ue di Monti fa propria la linea anti-elvetica di Giulio Tremonti, che vedeva nelle banche di Lugano e Zurigo le casseforti dell’evasione.
L’Italia riceve i complimenti ormai rituali dalla Merkel, da Sarkozy, da Van Rompuy.
E Monti, che torna da Bruxelles più forte, festeggia in loro compagnia il ‘sorpasso’ della Spagna nella classifica dello spread, sceso vicino a quota 300, nonostante i dati dell’Istat indichino che la crescita nel 2011 è stata solo dello 0,4% e che il rapporto debito / Pil è al top dal 1996 (120.1%), mentre quello deficit/Pil –ora da azzerare- è al 3,9%, l’inflazione sale e la disoccupazione giovanile è record.
Sui fronti politici, i leader dei 27 dicono sì ai negoziati con la Serbia verso l’adesione e inaspriscono l’atteggiamento contro la Siria, impegnandosi a giudica0re i responsabili della repressione –Parigi annuncia la chiusura dell’ambasciata a Damasco. Di intervento, però, nessuno parla.
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