Scritto per Il Fatto Quotidiano del 29/03/2012
Quasi come in un episodio di Ncis, serial americano di successo sulle tv italiane: un’irachena di 32 anni, Haima Alawadi, madre di 5 figli, è stata massacrata di botte a casa sua, a El Cajon, vicino a San Diego, nel Sud della California. Accanto a lei, riversa in una pozza di sangue, c’era un biglietto con la scritta ‘torna al tuo Paese, sei una terrorista”. Qualche tempo fa, Ncis aveva proposto la vicenda di una giovane mamma irachena minacciata (ma, in tv, erano i suoi familiari a volerla punire per avere sposato un soldato Usa).
Il decesso di Haima, sopravvenuto quando i medici hanno staccato la spina, dopo giorni d’agonia, ripropone il tema dei delitti dettati dall’odio razziale ed è l’episodio più grave di violenza anti-islamica, dopo gli anni immediatamente successivi agli attacchi terroristici dell’11 Settembre 2001.
La Alawadi era in America dalla metà degli Anni Novanta, venuta via dall’Iraq dopo la Guerra del Golfo e prima dell’invasione del 2003. Le indagini, finora senza esito, non escludono nessuna pista: la polizia parla di “crimine isolato”, ma l’ipotesi del delitto razziale pare la più fondata: settimane fa, fuori dalla casa, qualcuno aveva già lasciato un avvertimento, che la famiglia non aveva denunciato (un biglietto con scritto “Questo è il nostro Paese, non il vostro, terroristi”); e l’assassino non ha preso nulla.
A trovarla, colpita più volte, probabilmente con un attrezzo di ferro, era stata Fatima, figlia adolescente. Haima andava in giro con il velo, l’hijab. Il marito collabora, come mediatore culturale, con l’esercito Usa. S’erano da poco trasferiti in California dal Michigan.
El Cajon ospita la seconda comunità di iracheno-americani, dopo quella di Detroit. Sul web, è subito scattato il parallelo tra l’hijab di Haima e il cappuccio di Trayvon, teenager di colore ucciso in Florida dal capo di una ronda di quartiere che si sentiva minacciato perché quel ragazzo disarmato aveva un cappuccio in testa (l’assassino è tuttora libero). Per Trayvon, ci sono state proteste e la commozione del presidente Obama; per Haima, martedì, il dolore della comunità d’origine araba della contea, oltre 50 mila persone.
E il filo rosso sangue dei delitti dell’odio e della paura scende fino al Cile, dove ieri è morto Daniel Zamudio, 24 anni, gay, torturato un mese fa da un gruppo neo-nazista: lo avevano seviziato per oltre sei ore, staccandogli un orecchio, bruciandogli una gamba e tracciandogli col vetro svastiche sul corpo (tre giovani tra i 19 e i 24 anni sono in carcere per quella barbarie).
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