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martedì 1 aprile 2014

Ue: europee; D'Alema, conflitto istituzionale "salutare"

Scritto per EurActiv.it lo 01/04/2014

Nell'Europa che deve ancora compiere il salto di qualità preconizzato da Altiero Spinelli, si profila il rischio, dopo il voto di maggio, d’un conflitto istituzionale tra Consiglio e Parlamento che "sarebbe salutare", una sorta di "anno zero della democrazia europea". Lo dice Massimo D’Alema.
Il presidente della Fondazione Italianieuropei interveniva a un seminario del Movimento europeo e dalla stessa Fondazione, sul tema 'Riforme sociali, crescita e politica industriale in Europa: l’attualità del pensiero economico di Spinelli'.
Altiero Spinelli fu commissario europeo per la politica industriale negli Anni Settanta e alcune sue riflessioni in materia economica, già delineate nel Manifesto di Ventotene, furono parzialmente applicate - ricordano gli organizzatori del seminario - nella costruzione del cosiddetto modello sociale europeo, che sta ora subendo i contraccolpi delle politiche di austerità.
A introdurre il dibattito, Lucio Battistotti, direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione, che ospitava l’incontro nella Sala Natali, e Pier Virgilio Dastoli, presidente del Movimento europeo. Protagonisti della discussione Alberto Majocchi, docente all’Università di Pavia, Riccardo Perissich, vicepresidente del Consiglio per le relazioni fra Italia e Stati Uniti, e Enzo Russo, già docente alla Sapienza di Roma: del liberal-socialismo di Spinelli, Peressich ha molto sottolineato la modernità degli aspetti liberal, mentre Majocchi e Russo ne hanno rilevato più gli aspetti sociali e socialisti.
E c’è stato chi ha collegato l’azione di Spinelli a quella dell’attuale responsabile dell’industria Ue Antonio Tajani, che ha appena proposto un ‘rinascimento’ del settore manifatturiero europeo.
Concludendo il seminario, D’Alema ha rilevato “l’attualità della visione di Spinelli rispetto a oggi”: “Il progetto europeo ha bisogno di profondi cambiamenti per riconquistare la fiducia degli europei e tornare a essere un elemento di riferimento”, senza però dimenticare che i problemi attuali sono aspetti “di un processo storico che ha rappresentato uno straordinario risultato”.
E, nel ricordo del “profetismo di Spinelli”, va recuperato, di fronte “al neo-liberismo anti-politico che teorizza la supremazia dell’economia e pure della finanza”, “un ruolo di guida pubblica svolto preminentemente a livello europeo”: “Il che richiede un potere europeo forte e legittimato”.
D’Alema vede nell’ “umanesimo europeo la molla dell’integrazione, verso un modello europeo fatto di visione liberale, solidarietà, giustizia sociale, redistribuzione della ricchezza…Un nucleo di valori che ci identificano, anche se non c’è un popolo europeo”.
Le politiche restrittive, anche perché mal congegnate, hanno causato una caduta degli investimenti pubblici e privati dal 24% negli Anni Ottanta al 16% attuale: “Tagliare gli investimenti è più facile che ridurre la spesa, pur se è diseducativo e sbagliato … Il club di Bruxelles è club della decrescita … La ripresa degli investimenti può essere il volano della ripresa …”.
In un’Europa spinelliana “che segue Ulisse e non Esiodo”, un modello di risanamento più lento studiato dal centro studi socialista di Bruxelles porta agli stessi risultati economici nel 2020, rispetto al 2018 del modello attualmente seguito, ma con 9,5 milioni di occupati in più. D’Alema osserva che “il processo di rientro dagli eccessi del debito non è realistico, uccide l’ammalato … In Grecia, ci sono stati effetti sociali e politici devastanti, senza che il debito sia diminuito …”.
“Siamo alle prese con politiche inefficaci. Ne usciamo, se rimettiamo in movimento una politica degli investimenti con una forte regia europea … Un esempio: l’interconnessione delle reti del gas europee ridurrebbe del 20% la dipendenza dalla Russia … “.
Gli obiettivi prioritari devono essere crescita e occupazione. Altrimenti, l’analisi del voto di maggio è presto fatta: “La gente vota contro l’Europa”. Ancora ricordando Spinelli, D’Alema dice che “l’Unione sarà fatta quando sarà diventata politica la lotta per il potere in Europa … La politica è finora rimasta in una dimensione nazionale, non è in grado di rispondere alle attese e quindi diventa narrazione o populismo … Le decisioni politiche vengono prese altrove e sono presentate come tecniche … E l’immagine tecnocratica alimenta, a sua volta, i populismi … Anche chi populista non era deve darsi strumenti, come abbiamo dovuto fare noi … “.

La conclusione è però ottimista: con il voto di maggio, e magari lo scontro fra Istituzioni, “non siamo ancora al federalismo, ma qualche passo in quella direzione lo stiamo muovendo”.

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