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martedì 25 agosto 2015

Marò: Amburgo ci risponde picche, tutto fermo, ma Girone non torna

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/08/2015

“Ora tornano”. E non tornano mai. Dal 2012 in poi, ce l’hanno millantata come cosa – quasi - fatta una processione di premier e di ministri degli Esteri e della Difesa. Stavolta, però, è peggio: non tornano ora e non torneranno fin quando la procedura arbitrale non sarà conclusa - possono volerci anni, due o tre -. E dire – racconta Natalino Ronzitti, uno dei grandi esperti di diritto internazionale – che gli avvocati di parte indiana erano pronti a offrire che la Corte speciale, chiamata a giudicare in India i due marò, concludesse i lavori in quattro mesi, se l’Italia non si fosse opposta al giudizio. Adesso, ci piacerebbe accettare la proposta; ma non si può più - osserva Ronzitti –, “una volta scelta l'opzione di difendersi dal processo e non nel processo".

L’Italia , dunque, torna da Amburgo con le pive nel sacco: due settimane fa, dopo la doppia udienza, c’era un clima di euforia. I nostri avvocati “gliele avevano cantate chiare”, ai giudici e agli indiani, accusati di “tenere in ostaggio” i marò. Invece, il Tribunale del mare ha detto no a misure urgenti temporanee a favore di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.

La Corte di Amburgo ha solo stabilito che Italia e India dovranno "sospendere tutte le procedure" e "astenersi da misure che potrebbero aggravare la disputa" o "pregiudicare qualsiasi futura decisione del tribunale di arbitrato". Il verdetto ha visto 15 voti a favore, tra cui il presidente del collegio, e sei contro.

L'Italia voleva che Latorre, ora convalescente, potesse rimanere in Italia oltre la proroga di sei mesi concessagli per motivi di salute e che Girone potesse rientrare dall'India, dove ha obbligo di firma.

Nella sentenza, il Tribunale sappare conscio del dolore delle famiglie dei due pescatori indiani uccisi – le vittime -e delle conseguenze che le restrizioni hanno per i marò e i loro cari.

Commentando il verdetto, l'agente del Governo italiano di fronte al Tribunale, Francesco Azzarello, ambasciatore in Olanda, valuta in modo positivo lo stop alla giurisdizione indiana, ma esprime delusione per le mancate misure urgenti. L'Italia –annuncia la Farnesina- ripresenterà la richiesta alla Corte arbitrale.

Più diretto il commento del ministro Delrio: "L'Italia sperava diversamente", ammette. La sentenza "non va nella direzione richiesta, valuteremo i passi necessari". Nella politica, c’è chi se la prende con il Governo, chi con i giudici –partecipi di un complotto internazionale?- e chi ripete che Salvatore e Max devono tornare a casa (ma, adesso, è più difficile, quasi impossibile).

S’allontana dunque l’epilogo d’una vicenda che risale al febbraio 2012, quando i fucilieri di marina Girone e Latorre, in servizio anti-pirateria sulla Enrica Lexie, spararono contro quello che sembrava un battello pirata. Invece era un peschereccio: due indiani furono colpiti e uccisi. Quando la nave attraccò, i due marò furono arrestati per omicidio: un'accusa che, nel frattempo, fra incertezze legali d'ogni sorta, non è stata ancora formalizzata.

Dopo avere provato varie strade e fatto scelte contraddittorie, Roma decise di ricorrere all'arbitrato: non si tratta di determinare la colpevolezza o meno dei due marò, ma chi ha titolo per giudicarli. Intanto, meglio provare a negoziare: magari ne esce un’intesa.

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