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venerdì 13 dicembre 2013

Ue: politica estera 1; ce n’è poca, e da pochi soldi, in Italia e nell’Unione

Scritto per EurActiv il 13/12/2013

L’Italia spende per la politica estera circa 166 milioni l’anno. Il calcolo, avallato da alti funzionari della Farnesina, testimonia che la politica estera ha poco spazio nel bilancio, e quindi nelle priorità, dello Stato.

Il bilancio della Farnesina, in realtà, è di circa 1800 milioni, ma –viene spiegato- 600 sono una sorta di partita di giro di contributi all’Onu e 600 servono a pagare le retribuzioni, mentre 250 sono destinati alla cooperazione e un centinaio se ne vanno in obblighi legislativi. Quel che resta serve, o servirebbe, a fare politica.

Sono valutazioni emerse a margine di convegni destinati, nei giorni scorsi, a suscitare il dibattito sulla politica estera, anche in vista degli appuntamenti 2014. “Politica estera e di difesa: quale Italia in Europa?” è stato il tema di uno degli appuntamenti di Officina 2014 sull’Italia in Europa e, specificatamente, sull’agenda del semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio dell’Ue. Alla Farnesina, ne hanno discusso politici e diplomatici, ed esperti.

Temi pure ripresi a un incontro organizzato dall’associazione nazionale diplomatici a riposo Costantino Nigra e svoltosi presso l’Istituto diplomatico Mario Toscano: “La diplomazia italiana del futuro e la prospettiva di una diplomazia europea”. Protagonisti ambasciatori di ieri, oggi e domani, politici attenti alla politica estera, docenti e giornalisti.

A chi lamenta che i diplomatici italiani costano troppo, c’è chi è pronto a fare una proposta shock: “Equipariamo i trattamenti italiani a quelli del Servizio europeo di azioni esterna, il Seae, e vedremo che spenderemo di più”.

Elisabetta Belloni, direttore generale alla Farnesina per le risorse e l’innovazione, racconta che, spesso, nelle Commissione Esteri, si parla più degli stipendi dei diplomatici che di politica estera. E Federica Mogherini, deputata Pd, ora responsabile nella segreteria Renzi della politica estera ed europea, testimonia che le Commissioni esteri non sono più ambite dai parlamentari, nonostante continui ad essere diffusa in molti diplomatici l’idea che la politica estera non sia una politica in sé, ma è la sommatoria di tutte le politiche di un Paese che ne definiscono l’interesse nazionale.

L’Europa diventa così un grimaldello per fare restare o tornare l’Italia nel gioco della politica estera, al di là dei bilanci in chiaroscuro del primo triennio del Seae. C’è chi constata: “Tra crisi e Seae, l’Unione europea, che era un gigante economico e un nano politico, è un po’ meno gigante in economia, ma non è cresciuta in politica”.

E c’è il rischio, forte in Italia, di svuotare di contenuti le politiche estere nazionali, senza sostituire ad esse una politica estera europea.

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