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sabato 21 dicembre 2013

Ue: retrocessa nel giorno dell'Unione bancaria, veleni del rating

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 21/12/2013
“Non ci rovinerà il Natale”, dice il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Ma almeno un candito ce lo manda di traverso. Il verdetto dell'agenzia di rating statunitense Standard & Poor's, che abbassa la valutazione a lungo termine sull'Ue, dalla tripla A a AA+, investe Bruxelles mentre il Vertice è agli sgoccioli, dopo avere messo il timbro su un passo avanti importante verso  l’Unione bancaria.
Il tempismo del giudizio di S&Ps, che conferma i rating a breve e mantiene stabile l’outlook, fa storcere il naso a molti. Il presidente della Commissione europea Manuel Barroso replica che l’Ue è credibile, il commissario europeo per gli Affari economici e monetari Olli Rehn contesta nel merito il declassamento. L’agenzia americana si basa sulle tensioni in materia di bilancio fra i 28 e sull'esito dei negoziati sul quadro finanziario pluriennale 2014-2020, che farebbero emergere elementi di fragilità nel sostegno di alcuni Stati all'Unione nel suo complesso.
A Bruxelles, quella di S&Ps suona più come una mossa politica che come una decisione tecnica. L'Unione europea era sotto minaccia di declassamento dall'inizio del 2012, quando l'agenzia aveva rivisto a negativo l’outlook. Ma la situazione economica e finanziaria appare, oggi, globalmente migliore dell’anno scorso.

I Grandi dell’Unione fanno spallucce, all'annuncio della perdita della tripla A –“Non cambierà nulla”-. Il premier italiano Enrico Letta prima parla di “segnale da non sottovalutare” di conferma che l’Ue e l’euro non sono ancora fuori dalla crisi; poi corregge il tiro e parla di declassamento “non meritato”.

Di fatto, però, S&Ps mette la sordina alle fanfare già pronte a suonare sull'Unione bancaria, dopo che i leader dei 28 ratificano il compromesso raggiunto il giorno prima dai ministri dell’Economia su come parare a una crisi della banche. Fanfare che sarebbero state eccessive, perché l’intesa è positiva, ma ha limiti precisi. Il presidente della Bce Mario Draghi la benedice; altri sottolineano che il Fondo di risoluzione è troppo modesto e che manca un vero e proprio scudo comunitario, perché per i primi dieci anni saranno creati solo fondi nazionali collegati tra loro. Su questo punto, il Parlamento di Strasburgo promette battaglia.

A caldo, Letta twitta “Buon passo verso Ue più unita”. Quindi, elabora:  “Se il Fondo di risoluzione ci fosse stato quattro anni or sono, l’Europa non avrebbe buttato miliardi per salvare le banche”. Van Rompuy è roboante: “Il più grande passo in avanti dalla creazione dell’euro”. Il presidente francese Francois Hollande afferma che “l’Europa ha fatto più passi in avanti in questi ultimi mesi che negli ultimi dieci anni”. La cancelliera tedesca Angela Merkel, all’esordio come terzo mandato, è soddisfatta.
Il Fondo a regime, cioè fra 10 anni, sarà da 55 miliardi. Slitta, invece, di quasi un anno la decisione sui partenariati per la crescita e la competitività: toccherà all'Italia gestire il negoziato sugli accordi tra paesi membri e Bruxelles per barattare riforme strutturali con incentivi sulle finanze pubbliche.

Sul fronte politico, il Vertice tiene la porta dell’associazione aperta all'Ucraina, mentre traccheggia sulla difesa, nonostante nuove rivelazioni di spionaggio Usa ai danni della Commissione europea, del responsabile della concorrenza Joaquim Almunia. Del resto, fa solo scena parlare di difesa europea, se non c’è una politica estera europea.

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