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martedì 10 dicembre 2013

Ucraina: Barroso, sul filo della rete, come la pallina di MatchPoint

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 10/12/2013

Alla fine, le picconate della protesta, che abbattono la statua di Lenin, aprono spiragli di dialogo: regime e opposizione, governo e  Ue accennano passi di riavvicinamento. Ma, in serata, le forze dell’ordine ucraine intervengono: sloggiano i manifestanti che da giorni assediavano i palazzi del potere e compiono un’irruzione nei locali del partito di Yulia Tymoshenko, ex premier, epigona della Rivoluzione arancione finita in carcere.

Così, Katherine Ashton, il ‘ministro degli esteri’ europeo, oggi in visita a Kiev, troverà animi accesi e polemiche roventi. Come l’opposizione, dove europeisti e nazionalisti sono ora fianco a fianco, sotto diverse bandiere, anche il regime non ha un solo volto: ieri mattina, il presidente Yanucovich aveva annunciato l’avvio di colloqui con l’opposizione, che ne chiede le dimissioni, e aveva telefonato al presidente della Commissione europea Barroso; poche ore più tardi, la magistratura intimava ai manifestanti di non mettere alla prova la pazienza dell’autorità e gli agenti passavano all'azione.

La protesta popolare innescata dal rifiuto dell’Ucraina di firmare, al vertice di Vilnius di fine novembre, un accordo di associazione con l’Ue tiene il Paese in bilico. Per descrivere la situazione, Barroso, ieri a Milano, ama ricorrere a un’immagine sportiva e cinematografica: la pallina da tennis di Match Point, un film di Woody Allen, che resta in bilico sulla fettuccia della rete e che può cadere dall’una o dall’altra parte, decidendo la partita in un senso o nell'altro.

L’Ucraina oscilla tra una prospettiva europea e un ‘ritorno al futuro’ nel campo post-sovietico. E, sul set del suo Match Point, Kiev non è sola: Mosca e Bruxelles –e, in un ruolo da caratterista, Washington- le fanno da spalla. La Russia sa quel che vuole: in un momento di tensione –questo non è il primo e probabilmente non sarà l’ultimo-, Putin telefonò a Barroso e gli chiese perché gli stessero tanto a cuore le sorti di un “Paese artificiale creato dalla Cia e dall’Ue”. Una conferma che Mosca considera l’Ucraina, come la Bielorussia, una propria appendice.

Invece, l’unione europea non è affatto compatta sul fronte ucraino: Bruxelles non vede l’Ucraina nell’Ue, almeno in un futuro prevedibile; e, infatti, non le offre la prospettiva dell’adesione, ma quella dell’associazione, Da una parte, i Paesi dell’Ue, con poche eccezioni –la Polonia e la Svezia, in particolare- non ce la vogliono; dall’altra, l’Ucraina non risponde a tutti i criteri per l’adesione, in primo luogo quelli di democrazia e di rispetto dei diritti dell’uomo, nonostante fra la gente la voglia d’Europa, e il richiamo del nazionalismo appaiano ora prevalere sulla forza d’attrazione del modello post-sovietico.

In questo contesto, la missione a Kiev della Ashton ha contorni sfumati e prospettive incerte e coincide con un incontro tra il presidente Yanucovich e i suoi tre predecessori, tutti schierati a fianco dei manifestanti. Dall’America e dall’Europa, gli appelli alla moderazione si succedono: il ministro degli esteri italiano Emma Bonino chiede che si eviti una guerra civile.

Per la Ashton, si tratta di riallacciare il discorso dell’associazione, interrotto a Vilnius complice l’ingerenza di Mosca. Ma l’Ue non è pronta ad accettare la richiesta dell’Ucraina di riprendere la trattativa a tre, facendo cioè sedere al tavolo la Russia. Per Barroso, la posizione europea tutela l’indipendenza di Kiev –ed è vero-. Ma, così, c’è il rischio che il blocco resti.

La protesta dura ininterrotta da dieci giorni e domenica centinaia di migliaia di persone avevano ancora manifestato contro le scelte anti-europeiste e filo-russe del presidente Yanucovich, abbattendo la statua di Lenin ‘superstite’ dei tempi sovietici.

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