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giovedì 12 dicembre 2013

Ucraina: il regime attacca, poi arretra, e negozia soldi e voto

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12/12/2013

Ancora una giornata a tinte forti, nell'Ucraina solcata da pulsioni nazionaliste, nostalgie sovietiche e aspirazioni europee. Le migliaia di manifestanti che chiedono l’associazione all’Ue e che sfidano da fine novembre il regime hanno ieri segnato dei punti, dopo avere rischiato la disfatta prima dell’alba, quando le forze dell’ordine intervenute in modo massiccio hanno cercato di sgomberare piazza dell’Indipendenza, l’epicentro della protesta, e di smantellare le barricate lì erette.

Ma i manifestanti hanno resistito, hanno ricevuto sostegno internazionale e hanno persino costretto gli agenti, ‘docciati’ con idranti a – 10, a ritirarsi dal centro della capitale, dopo brevi scaramucce. Fallito anche il tentativo di riprendere il controllo del municipio di Kiev, divenuto quartier generale dell’opposizione popolare. Ci sono stati feriti -una trentina-, non si ha notizia di morti.

L’assalto dei reparti anti-sommossa è scattato mentre erano in città, per negoziare, il vice-segretario di Stato Usa Victoria Nuland e il ‘ministro degli esteri’ Ue Katherine Ashton. La via della trattativa pareva essere stata aperta dall'iniziativa dei tre ex presidenti dell’Ucraina indipendente, che lunedì avevano chiesto al presidente in carica Yanucovich di ascoltare la gente.

E, in serata, Yanucovich s’è impegnato a “non ricorrere alla forza contro manifestanti pacifici”, invitando, nel contempo, l’opposizione “a non seguire la via dello scontro e degli ultimatum”, ma “del dialogo con le autorità”.

Washington e Bruxelles hanno duramente criticato l’intervento degli agenti, definito “disgustoso” dal Dipartimento di Stato Usa. La Ashton ha dialogato con i leader dell’opposizione e ha visto per la seconda volta in due giorni il presidente, che ha pure ricevuto la Nuland. Tutti dicono di volere stemperare le tensioni, esplose dopo che l’Ucraina, al Vertice di Vilnius con l’Ue il 29 novembre, non firmò l’accordo di associazione: le minacce russe pesarono più delle lusinghe europee, mentre l’influenza americana resta affidata soprattutto a una rete di ong ben collegate e attive nel Paese fin dall'indipendenza.

In Ucraina, l’Unione europea si ritrova di fronte al solito dilemma: conciliare l’etica delle intenzioni con l’etica dei risultati. Un’Europa che “fa la schizzinosa” con i Paesi dell’Est –l’espressione è d’un esperto negoziatore- e si ammanta dei suoi valori , ma poi deve mediare e trattare; e deve pure stare attenta ad evitare il confronto con la Russia, potenza di ritorno, partner importante non solo per gas e petrolio, ma anche politicamente nel Mediterraneo –in Siria, ad esempio- e con l’Iran.

Il governo ucraino pretende dall'Ue 20 miliardi di euro per chiudere l'accordo di associazione rimasto in sospeso: il premier Azarov manda il vice Arbuzov oggi a Bruxelles, prima di andare lui, il 17, a Mosca.

Ma l'opposizione chiede le dimissioni di Yanucovich, vuole anticipare al 2014 le presidenziali 2015 e punta a rimettere in moto il pendolo ucraino che oscilla tra Europa e Russia. "Nessun negoziato con questa banda", dice dal carcere Yulia Timoshenko, che sollecita ad Ue e Usa "sanzioni .. e indagini contro la corruzione". Altrimenti, "l’Ucraina sarà un cimitero delle libertà" (con una lapide in memoria della politica estera europea).

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