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venerdì 15 agosto 2014

Iraq: grida di guerra dal pulpito, ma rifugiati sono meno e stanno meglio

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 15/08/2014 

Grida di guerra dal pulpito: il patriarca caldeo Sako chiede l’intervento in armi di americani, europei ed arabi per “ripulire la piana di Ninive” e “fermare il lento genocidio” dei cristiani iracheni. L’agenzia AsiaNews pubblica una lettera del presidente della Conferenza episcopale irachena.

La sua non è una voce isolata: inviti all’intervento vengono pure dai vescovi francesi. Il cardinale Filoni, inviato di Papa Francesco, s’esprime da Erbil con propositi meno bellicosi, mentre nelle chiese italiane si raccolgono fondi e ci si prepara ad accogliere profughi.

Gli americani, intanto, ci ripensano: per evacuare gli Yazidi in fuga dal Califfato, non spiegheranno truppe sul terreno in Iraq. Il presidente Obama tira il freno: l’intervento umanitario fa progressi e non ci sarà bisogno di impiegare forze al suolo.

Il sopralluogo compiuto da una ventina di marines sul monte Snijar, dove gli ‘zoroastriani’ sono stati spinti dalle milizie jihadiste, mostra che i rifugiati sono meno del previsto e che stanno meglio del previsto. Secondo il contrammiraglio John Kirby, portavoce del Pentagono, ciò deriva da un intreccio di cause: l’efficacia dei lanci umanitari effettuati e dei raid aerei compiuti su obiettivi del Califfato; l’efficienza dei combattenti curdi, i peshmerga; la scaltrezza con cui gruppi di rifugiati profittano della notte per sottrarsi ai miliziani.

La ventina di soldati sono rientrati tutti sani e salvi a Erbil, senza sparare un colpo. Il loro rapporto avrà un impatto sui piani umanitari degli Stati Uniti e dei loro alleati, ma non ne rallenterà gli sforzi. La situazione militare resta incandescente, con scontri tra milizie ed esercito a Falluja -15 i caduti- e attentati a Baghdad, con almeno cinque morti nell’esplosione di un’autobomba. E i jihadisti s’ammassano intorno a Qara Tapa, nella provincia di Ninive.

Nell’imminenza del consulto, oggi, a Bruxelles, dei ministri degli esteri dei 28 –per l’Italia, ci sarà la Mogherini-, si conferma che la Francia ha fornito aiuti militari ai combattenti curdi. La Germania s’appresta ad inviare ai peshmerga cargo con viveri, medicinali e materiale militare ‘non letale’.

E la Gran Bretagna ha dislocato nel nord dell'Iraq unità dello Special Air Service (le Sas) e ha pure inviato aerei ed elicotteri per distribuire aiuti umanitari. Il premier David Cameron, che ha interrotto le vacanze estive, è pronto ad aderire a qualsiasi piano internazionale per salvare i profughi yazidi.

Le milizie del Califfato cercano di creare divisioni nel fronte internazionale. Un loro comandante ringrazia la Turchia per i successi militari: il Washington Post cita Abu Yusaf, 27 anni, jihadista con passaporto europeo. Yusaf spiega che fino a poco tempo fa le milizie ricevevano rifornimenti e assistenza dal confine turco. "I nostri combattenti –nota Yusaf- erano curati negli ospedali turchi". Negli ultimi mesi, però, la Turchia, avrebbe reso meno porosa la frontiera: forse il premier Erdogan, ora eletto presidente, voleva smorzare le polemiche suscitate dall’appoggio, sempre negato, agli integralisti.

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