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giovedì 28 agosto 2014

Iraq/Siria: cent'anni di Stati fantasma, dai beduini alla jihad

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/08/2014

"Mi piacerebbe tracciare una linea dalla e di Akre –località dell’odierna Giordania, ndr- all'ultima k di Kirkuk”, la storica capitale dei curdi, in Iraq, di cui i peshmerga hanno ora ripreso il controllo: così, Mark Sykes, diplomatico britannico, diceva, il 16 dicembre 1915, a Downing Street, parlando con il collega francese François Georges Picot.

In quella battuta, c’è la filosofia della sistemazione dei resti dell’Impero Ottomano, dopo la fine della prima Guerra Mondiale: frontiere più rispettose di meridiani e paralleli che di etnie e religioni; scatoloni di sabbia che si rivelano barili di petrolio; e nessuna attenzione al rispetto della parola data e, tanto meno, alle aspirazioni d’indipendenza dei popoli arabi. Nonostante il contributo –spesso decisivo- da essi fornito durante il conflitto.

Stanno lì molte radici delle tensioni e delle violenze dei giorni nostri nella Regione. L’Occidente, del resto, non riservò al Mondo arabo la sua miopia colonialista: pure i confini africani erano stati tracciati, nell’Ottocento, con criteri analoghi, separando popoli fratelli e mettendo insieme atavici nemici. Gli spaventosi eccidi di hutu e tutsi tra Rwanda e Burundi ne sono una conseguenza.

Con la paradossale conseguenza che turbolenze e barbarie -riconducibili alla lontana a quegli errori- contribuiscono, oggi, ad alzare una barriera di diffidenza e d’incomprensione, se un giornalista come Domenico Quirico, espertissimo d’Oriente, ma che ha sperimentato in prima persona l’asprezza del conflitto, scrive: “L’Occidente non vuole vedere che ci hanno dichiarato guerra … L’Islam moderato non esiste”.


L’accordo Sykes-Picot

Tutto comincia da lì, da quella frase a Downing Street. Sykes e Picot negoziarono dal novembre 1915 al marzo 1916: il 16 maggio, venne firmato l’accordo che porta il loro nome, Sykes-Picot, l’Asia Minor Agreement, è un accordo segreto tra i governi del Regno Unito e della Francia, in assenza della Russia, che definiva le rispettive sfere di influenza nel Medio Oriente una volta sconfitto l'Impero Ottomano al termine della Prima Guerra Mondiale.

Al Regno Unito fu riservato il controllo dell’attuale Giordania, dell'Iraq e una piccola area intorno ad Haifa. Alla Francia fu destinato il controllo del Sud-Est della Turchia, della parte settentrionale dell'Iraq, della Siria e del Libano. La zona successivamente individuata come Palestina doveva passare sotto un'amministrazione internazionale, coinvolgente l'Impero russo e altre potenze.

L’accordo venne tenuto ben segreto ai capi arabi che si battevano contro l’Impero ottomano, sperando nell’indipendenza, e anche agli ufficiali alleati che ne coordinavano le operazioni. Non ne sapevano nulla, naturalmente, Thomas Edward Lawrence, cioè Lawrence d’Arabia, e il suo amico Faysal, figlio dello sceriffo della Mecca. E, se lo avessero saputo, magari il cinema non avrebbe mai avuto modo di raccontare pagine tra epica e storia come la presa di Aqaba nel 1916.

Paladino per studi e cultura del nazionalismo arabo, Lawrence, uno 007, ufficiale dei servizi segreti di Sua Maestà, doveva porre al servizio della causa degli alleati l’insurrezione araba contro l’Impero ottomano in atto tra l’Higiaz, la regione della Mecca e di Medina, e la TransGiordania.

Al padre di Faysal, al-Husain ibn Ali, venne prospettata l’indipendenza della nazione araba, senza tuttavia mai precisarne le dimensioni geografiche. Ma Londra e Parigi avevano già concordato d’attuare la cosiddetta politica del ‘doppio binario’: fare promesse agli arabi, ma intanto spartirsi sulla carta i domini ottomani.

Il primo dopoguerra

Lawrence e Faysal se ne resero conto a vittoria acquisita e guerra ultimata. Alla Conferenza di Pace di Parigi nel 1919, Faysal guidò la delegazione araba che cercò di fare valere le promesse ricevute e riuscì almeno a ottenere che alcuni Paesi arabi fossero guidati dalla dinastia hascemita, la sua.
A margine della conferenza, si ponevano le basi per altri conflitti che sono flagranti un secolo dopo. Il 3 gennaio 1919, Faysal e il presidente dell'Organizzazione sionista mondiale Chaim Weizmann firmarono un accordo –andato poi disatteso- secondo cui la Dichiarazione Balfour doveva costituire una base di discussione per il futuro dell'area alla fine del dominio britannico.

Negli anni successivi, le tappe furono serrate. Nel marzo 1920, Faysal è proclamato re del Regno arabo di Siria, la Grande Siria, dal Congresso nazionale siriano. In aprile, la Conferenza di Sanremo dà alla Francia il mandato sulla Siria e scoppia la guerra franco-siriana. Un anno dopo, marzo 1921, alla Conferenza del Cairo, i britannici individuarono in Faysal il re dell’Iraq, sotto loro protettorato.

L’assetto dell’area fra le due guerra era, alfine, definito. A turbarlo, senza però modificarlo, vennero sommosse religiose e anti-coloniali, fra cui, nella prima metà degli Anni Venti, la cosiddetta Grande Rivoluzione siriana. Nel 1932, l’Iraq acquisì la piena indipendenza, prodromo al Massacro di Cibele –una strage di cristiani-.

Il secondo dopoguerra

Nel secondo dopoguerra, le aspirazioni d’indipendenza sono pienamente realizzate. Ma la nascita d’Israele crea in tutta l’area nuove tensioni. Indipendente dal ’46, la Siria conobbe un periodo d’instabilità con colpi di Stato a raffica –ben 13- e l’effimera esperienza della Repubblica araba unita, con l’Egitto.

Dal 1963 il Paese è governato dal partito Bath, d’ispirazione socialista e pan-araba; e, dal 1970, ha un presidente della famiglia al-Assad. Dalla Guerra dei sei Giorni del ‘67, Israele occupa le Alture del Golan. La sommossa scoppiata nel 2011 ha fatto quasi 200mila vittime, ridotto in macerie città, consegnato una parte della Siria all’estremismo integralista, ma non ha rovesciato il regime.

Più tormentate le vicende dell’Iraq, dove la monarchia venne rovesciata una prima volta nel 1941, su istigazione della Germania, ripristinata dagli alleati e poi di nuovo, definitivamente, esautorata nel 1958 con il colpo di Stato cruento degli Ufficiali Liberi. Per un decennio, i golpe si succedono fin quando, nel ’68, un quinto putsch insedia per 25 anni al potere il Bath e Saddam Hussein, sancendo la ‘dittatura’ della minoranza sunnita sulla maggioranza sciita.

Il laico Saddam spaventa l’Occidente quando nazionalizza il petrolio –l’Irak ne è il 3o produttore-, ma fa il gioco dell’America nel 1980, quando dichiara guerra all’Iran integralista: quasi nove anni di conflitto, forse un milione e mezzo di caduti, ma né vincitori né vinti.

Nel 1991, l’occupazione e l’annessione del Kuwait innesca la Guerra del Golfo: l’Iraq è sconfitto, ma Saddam – divenuto un nemico - resta al potere. Nel 2003, l’invasione americana, giustificata con falsi pretesti, rovescia il regime e abbatte le statue del dittatore, trasforma il paese in una repubblica parlamentare, ma non sana le tensioni tra sciiti, sunniti e curdi. Che, oggi, riesplodono, sotto la spinta jihadista.

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