Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/01/2012
Uscendo dalle ‘Idi di Marzo’, ti chiedi se davvero gli americani sappiano, ogni quattro anni, chi sia l'uomo che vanno ad eleggere presidente degli Stati Uniti. Come te l’eri chiesto in passato vedendo l’inquietante ‘The Manchurian Candidate’, o il delizioso 'Being There', dove Peter Sellers è un 'giardiniere' alla Casa Bianca. Dietro ogni candidato, e quindi dietro ogni presidente, ci sono strateghi che magari ne forgiano l'immagine a loro somiglianza, o che li costruiscono per la vittoria, indipendentemente da come essi stessi siano in realtà. Forse, alla fine, solo gli strateghi conoscono davvero i candidati, di cui cercano di nascondere le debolezze agli elettori.
Nel film scritto, diretto e interpretato da George Clooney, lo stratega è Ryan Gosling: prima, crede al suo uomo; poi, ne è deluso; ma lo porta lo stesso alla ‘nomination', facendo in modo che gli altri non s’accorgano del bluff che lui ha scoperto e tradendo così i propri ideali. Clooney resta quel che è, un politico che cerca il potere, con l’appeal d'un richiamo ai valori profondi della Costituzione visti sotto una luce contemporanea e accattivante; Gosling si trasforma da idealista in mestierante.
Nulla a che vedere con Usa 2012?, solo perché le primarie sono, quest’anno, un gioco tutto repubblicano? Non ci scommetterei un cent. Guru e strateghi sono all’opera per portare al successo il loro uomo, anche se è ‘fallato’ –e loro lo sanno bene-. Capita che ci riescano: pensate ad esempio a Karl Rove, lo stratega repubblicano che riuscì a fare eleggere e rieleggere George W. Bush, che, di suo, ci metteva ben poco, a parte l’innata spontaneità nell’apparire un americano qualunque, istintivamente socievole e serenamente ignorante.
David Axelrod è l'uomo di Barack Obama, James Carville lo fu di Bill Clinton. Rove, a destra, cerca ancora un successore. C'era chi pensava l'avesse trovato in Dave Carvey, che, però, s'è scelto il cavallo sbagliato: Rick Perry s'è pubblicamente rivelato un flop con le gaffes e le amnesie. Carvey aveva cominciato con Gingrich, quando l’ex speaker della Camera decise di scendere in lizza. Ma, dopo un po’, lo stratega mollò la campagna di Penna Bianca: “Newt non segue i miei consigli”, spiegò, aggiungendo velenosamente che era difficile fargli entrare in testa concetti diversi da quelli che già possiede.
Stranamente, in questa fase della campagna le 'teste d'uovo' democratiche e repubblicane hanno, però, un solo pensiero in testa, lo stesso: proprio lui, Gingrich. I democratici fanno di tutto per favorirlo contro Mitt Romney; i repubblicani non sanno a che santo votarsi per evitare che ottenga la nomination.
L’accento populista del discorso sullo stato dell'Unione di Obama, che ha già deciso di disfarsi del segretario al Tesoro Timothy Geithner, risponde proprio a questa logica: più tasse ai ricchi per un'America più giusta è il ritornello di una campagna anti-Romney, perché il miliardario mormone paga in tasse poco più del 15 % del suo reddito, mentre l'americano medio paga il 30%. Nulla di illegale, perché Romney si limita a usufruire di una legislazione vantaggiosa per i 'capital gains'; ma lo stesso qualcosa di difficile da trangugiare nell'Unione della crisi, dove i ricchi saggi, come Warren Buffett e Bill Gates, sono d'accordo con Obama. E lo sarebbe stato pure Steve Jobs (non a caso la vedova era accanto alla first lady, durante il discorso di martedì sera).
Larry Sabato, uno dei politologi più sfruttati dalla tv Usa, ha coniato il neologismo ‘Newt-mare’: come ‘nightmare’, che significa incubo, per definire il panico con cui l'establishment repubblicano segue il recupero e il sorpasso di Gingrich su Romney. E Sabato avalla quello che molti pensano: se Newt dovesse vincere in Florida, è possibile che un candidato nuovo entri in lizza, magari prima del Super-Martedì del 6 marzo..
Perché, spiega Sabato, contro Gingrich Obama vincerebbe a mani basse, mentre contro Romney sarebbe partita vera. Fra i nomi che circolano, Mitch Daniels, governatore dell’Indiana, o Jeb Bush, ex governatore della Florida, figlio e fratello di ex presidente. Ma la carta che spariglia potrebbe essere Condi Rice, ex segretario di Stato di Bush: donna, nera, virtuosa pianista, sarebbe una bella sfida per il presidente uscente.
venerdì 27 gennaio 2012
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