Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/01/2012
C’è un orco alla Casa Bianca, che, invece di mangiare i bambini, si divora i suoi collaboratori più stretti? Ne viene quasi il sospetto, dopo l’annuncio delle dimissioni da segretario generale di William Daley, il secondo ‘capo dello staff’ a lasciare il posto in meno di tre anni dall’insediamento di Obama alla presidenza il 20 gennaio 2009. Il segretario generale è, tradizionalmente, l’uomo più fido del presidente degli Stati Uniti e ‘regna’ sull’ala ovest della Casa Bianca, il centro nervoso dell’esecutivo americano.
Il presidente non è parso di buon umore, nel comunicare le dimissioni di Daley e la sua sostituzione con Jack Lew, responsabile del bilancio dall’inizio del mandato –dopo esserlo già stato con Clinton presidente negli Anni Novanta-: un uomo che conosce Washington come le sue tasche, anche se è più un contabile che un politico. Obama è stato esplicito: “E’ una notizia che non mi fa piacere” –immaginiamo che piacere abbia fatto a Lew sentirglielo dire-.
Daley è un altro pezzo della ‘cricca di Chicago’ che torna a casa. Un anno fa, di questi tempi, era toccato a Rahm Emanuel, che aveva lasciato il posto di capo dello staff il 6 gennaio per partire alla conquista dell’incarico di sindaco di Chicago –missione, nel frattempo compiuta-. Adesso, Daley, 63 anni, fa sapere di volere passare più tempo con la sua famiglia, sempre a Chicago, dove il fratello Richard è stato sindaco per 22 anni e dove il padre lo era stato per una vita. I Daley stanno a Chicago un po’ come i Kennedy stanno a Boston: s’identificano con la città.
Le dimissioni di Daley s’intrecciano con le polemiche sullo ‘strapotere’ attribuito alla first lady Michelle, che sarebbe stata all’origine dell’uscita di scena di Emmanuel e magari pure della partenza, ora di Daley. Ma né Rahm, un caratteraccio del suo, né William lasciano in rotta con Obama: uno è diventato sindaco della sua città, l’altro s’appresta a co-presiedere il comitato per la rielezione del presidente nel voto del 6 novembre.
Fonte di molti fastidi è 'The Obamas', il libro di una giornalista del New York Times, Judy Kantor, secondo cui Michelle e lo staff del presidente sono spesso finiti ai ferri corti. La Casa Bianca smentisce; e nega che gli Obama abbiano tentato di tenere segreto un party per Halloween nel 2009 pieno di vip e stelle di Hollywood sul tema "Alice nel Paese delle Meraviglie" con la regia di Tim Burton (già regista del film) e il Cappellaio Matto Johnny Depp in carne e ossa. Per la Kantor, Michelle avrebbe avuto giorni difficili alla Casa Bianca, prima di trasformarsi da una "scettica outsider" che non voleva adattarsi a Washington in una presenza importante e innovativa.
Quanto a Daley, che volesse lasciare non era un mistero: a ottobre, lo aveva detto lui stesso a una tv (di Chicago, ti pare), anche se aveva indicato come data del ritorno a casa il gennaio 2013, dopo la rielezione del presidente. Invece, se ne va un anno prima, con le pive nel sacco perché ha fallito la sua missione. Ex banchiere d’affari –il che non è il miglior biglietto da visita, di questi tempi-, Daley doveva riavvicinare il presidente a Wall Street e o gestire i rapporti con il Congresso, dopo che le elezioni di midterm avevano cambiato i rapporti di forza tra l’Amministrazione democratica e l’opposizione repubblicana, ormai in maggioranza alla Camera.
Su entrambi i fronti, Daley ha fatto un buco nell’acqua. E, in effetti, dopo lo scontro al calor bianco tra il presidente e il Congresso sull’innalzamento del tetto del debito, una parte dei suoi poteri era già stata trasferita a Pete Rouse, un fidatissimo ex consigliere dell’Obama senatore. Resta il fatto che l’abbandono del capo dello staff non è un affare per Obama, che, però, non perde la voglia di fare scherzi ai suoi potenziali rivali repubblicani che si affrontano nel New Hampshire. Il presidente ruba loro un po’ di scena nel giorno delle primarie, comprando un grosso spazio pubblicitario sul più diffuso quotidiano dello Stato.
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