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mercoledì 25 gennaio 2012

Usa: lo stato dell'Unione di Obama, un programma, non un testamento

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/01/2012

Potrebbe essere l’ultimo discorso sullo stato dell’Unione del presidente Obama. Certo, è l’ultimo del suo primo mandato. Ma non ha né il tono né la sostanza del testamento politico: non è un bilancio; al contrario, è un programma da realizzare di qui al 2016 con un piano per rilanciare l’America, l’economia e i posti di lavoro.

Proprio per convincere gli americani ad affidargli un secondo mandato nelle elezioni del 6 novembre, Obama prospetta loro una serie di misure per accelerare la crescita, finite sotto le critiche dei repubblicani ancor prima di essere ufficializzate. Lo speaker della Camera John Boehner l’ha bollato come “un comizio da campagna elettorale”.

L’obiettivo del presidente è di costruire un’economia che cresca e che duri. E Obama, che indossa i panni del difensore della classe media, punta a realizzare “un’America dove ciascuno ha la sua opportunità, ciascuno dà il suo contributo e ciascuno rispetta le regole del gioco”. Fa la consueta panoramica di politica estera, parla dell’Iran e delle Primavere arabe, della Cina e (poco) dell’Europa, ma si concentra sui temi che più stanno a cuore al pubblico davanti alle tv: la ripresa e l’occupazione.

Inevitabilmente, il discorso sullo stato dell’Unione 2012 cade nel pieno della corsa alla nomination repubblicana per la Casa Bianca: poche ore prima che lui parlasse, Mitt Romney, uno dei potenziali candidati –l’altro è Newt Gingrich, in forte ascesa-, ha finalmente reso pubblica la sua dichiarazione dei redditi, lungamente reclamata dalla Casa Bianca, ma anche dai rivali di partito.

S’è così scoperto che il milionario mormone, ex governatore del Massachusetts, versa all'erario il 13,9% del reddito nel 20120 e il 15,4% nel 2011. In cifre assolute, Romney paga un sacco di soldi: circa 6,2 milioni di dollari per un reddito accumulato nel biennio di 45,2 milioni di dollari. In percentuale, paga meno della sua segretaria, perché la stragrande maggioranza delle sue entrate vengono da capital gain (un regalo ai ricchi dell’Amministrazione Bush). Se il suo fosse un reddito da lavoro, allora sarebbe tassato con un'aliquota più che doppia, al 35%.

Obama guadagna molto meno di Romney (1,73 milioni di dollari nel 2010, frutto soprattutto della vendita dei suoi libri), ma versa al fisco un aliquota di circa il 25%. E il presidente vuole che, ad ascoltarlo, oltre a deputati e senatori in seduta congiunta e ai vertici istituzionali, ci sia, fra i soliti invitati ‘eccellenti’ e ‘simbolici’, nel palco della fist lady Michelle, Debbie Bosanek, segretaria del miliardario Warren Buffett. Accanto, avrà la vedova di Steve Jobs.

Buffett è l’autore di una proposta per aumentare le tasse sui ricchi che il presidente evoca di nuovo nel suo discorso, dopo averla più volte evocata in giro per l’America. Buffett parte dalla constatazione che la sua imposizione è percentualmente più bassa di quella della sua segretaria e propone di correggere l’ingiustizia. A settembre, Obama presentò al Congresso la ‘Buffett Rule’, ma i repubblicani, in maggioranza alla Camera, la bocciarono come un principio di ‘lotta di classe’.

Ora, il presidente insiste per un riequilibrio della fiscalità, in modo che i ricchi diano un contributo percentualmente maggiore dei loro dipendenti alla riduzione del debito e al superamento della crisi. Pronunciato il discorso, Obama porterà il suo messaggio in cinque Stati chiave delle prossime elezioni, Iowa, Michigan, Arizona, Nevada e Colorado.

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