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giovedì 15 settembre 2011

Belgio: Cincinnato Leterme se ne va lasciando il Paese in panne

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 15/09/2011

Neppure Lucio Quinzio Cincinnato fece tanto sconquasso a Roma, allora poco più d’un villaggio, quando, nel 460 a.C., dopo essere stato console, decise di lasciare la politica e di tornare ad occuparsi dei suoi campi. Salvo, poi, due anni dopo, nel 458 a.C., accettare il titolo di dittatore: mica una cosa alla Gheddafi, un incarico quasi democratico nella repubblica nascente.

In Belgio, Yves Leterme, premier in carica per gli affari correnti, non ha deciso di tornare a coltivare i campi, anche perché non risulta che l’abbia mai fatto; ma ha annunciato che, entro la fine dell’anno, cioè non proprio domani, lascerà la guida del governo per diventare segretario generale aggiunto dell’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, un organismo internazionale ascoltato e autorevole, di cui fanno parte 32 Paesi, ma che non ha né i poteri né il prestigio dell’Ue. Leterme s’è visto offrire il nuovo posto da Angel Gurria, il suo nuovo ‘capo’ a Parigi, dov’è la sede dell’Ocse: la nomina dovrebbe essere formalizzata domani.

La mossa di Leterme fa però venire giù il castello di carte della politica belga. Il premier, un cattolico fiammingo, era già a capo dell’esecutivo prima delle elezioni del 13 giugno 2010: da allora, e sono passati 459 giorni, i partiti non sono ancora stati capaci di mettersi d’accordo su un programma e di formare un governo. Nel frattempo, a dire il vero, il Paese se l’è cavata egregiamente, subendo meno di molti altri nell’Unione europea la crisi economica e gestendo con ottimi risultati la presidenza di turno dell’Ue nel secondo semestre 2010.

Di fronte al precipitare della situazione, il re Alberto II, unico simbolo forte di un’unità nazionale ormai vacillante, è subito tornato a Bruxelles da Nizza, con un aereo militare. Gli sviluppi delle trattative per la formazione di un esecutivo dotato di pieni poteri sono complicati da un “blocco profondo”, come denuncia il leader socialista francofono Elio di Rupo, incaricato da luglio di varare un governo. L'uscita di scena di Leterme è un rompicapo anche per i costituzionalisti, in quanto è la prima volta dal 1831, cioè da quando il Belgio è indipendente, che un premier in carica per gli affari correnti si dimette.

Con la sua decisione, Leterme fa dunque sprofondare la crisi politica del suo Paese al livello più basso e alimenta i timori di una separazione del Belgio, diviso tra le Fiandre, a Nord, ricche, cattoliche e abitate dai due terzi della popolazione di lingua fiamminga, e la Vallonia, a Sud, meno florida, socialista e abitato dal terzo della popolazione di lingua francese. Non è escluso che il premier cerchi, così, di dare una scossa alle trattative, incoraggiandone il successo.

A luglio, dopo un appello del re in occasione della festa nazionale, il 21 luglio, otto partiti avevano trovato un accordo di massima. Ma quando i negoziati sono ripresi dopo la metà di agosto, altri nodi sono venuti al pettine. Di Rupo, un politico esperto di origine italiana, il cui partito ottenne più voti a livello nazionale nelle ultime consultazioni, ha riunito, ieri, in uno sforzo di conciliazione in extremis, gli otto partiti del ‘patto del 21 luglio’: "Lancio un appello a un sussulto di responsabilità -ha detto-. Ne va dell'avvenire del Paese". Qualche reazione c’è stata: dopo ore di confronto, si registrano passi avanti sulle modifiche costituzionali e sullo statuto della controversa circoscrizione a maggioranza francofona in terra fiamminga, Bruxelles-Hal-Vilvorde: una controversia che basta a tenere il Belgio sull'orlo della secessione.

Una difficoltà politica rilevante è però il fatto che, dai negoziati, è attualmente esclusa la Nva, la nuova Alleanza fiamminga e secessionista di Bart de Wewer, uscita dal voto come primo partito nelle Fiandre scavalcando i cattolici. E i sondaggi dicono che de Wewer continua a guadagnare consensi, cavalcando temi nazionalisti fiamminghi e lo spauracchio di un aumento delle tasse.

Consapevole di togliere con le sue dimissioni l'unica stampella a una situazione istituzionale abnorme, Leterme ha rinunciato alla sua liquidazione: un gesto alla Cincinnato.

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