Scritto per Il Fatto Quotidiano del 29/09/2011
Un ostacolo è sormontato, un altro già si frappone: la strada dell’uscita della zona euro dalla crisi del debito resta terribilmente accidentata. Nel giorno in cui il Parlamento finlandese dà via libera al rafforzamento del Fondo europeo di Soccorso finanziario (Fesf), difficoltà si stagliano all’orizzonte per i voti a venire in Germania, Estonia, dove ci sono dubbi di costituzionalità, e soprattutto Slovacchia, dove il sì è incerto.
A conti fatti, una giornata di notizie tutte apparentemente positive lascia l’amaro in bocca. Mentre Helsinki ratifica il Fesf, il Parlamento europeo in sessione plenaria a Strasburgo approva un giro di vite alla disciplina di bilancio degli Stati membri con sanzioni semi-automatiche per i governi lassisti. E il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso Barroso lancia, con vigore inconsueto, la proposta di una Tobin Tax, apre agli eurobonds e dice con fermezza: “La Grecia è e resterà nell’euro”, pur se “la crisi supera i confini finanziari e investe la politica”.
Ultimo tassello di un puzzle a quattro dimensioni, la troika dell’Ue decide di tornare ad Atene oggi, aprendo la strada al versamento della tranche di aiuti in sospeso di otto miliardi di dollari di cui la Grecia ha assolutamente bisogno per evitare di fallire. A inizio settembre, i negoziatori europei avevano lasciato il tavolo greco, sollecitando ulteriori misure che sono state ora prese.
Eppure, le borse non si soddisfano e vanno giù, dopo un inizio di settimana positivo: una conferma, forse, dell’aleatorietà dei giochi della finanza. E il presidente Usa Barack Obama sceglie proprio questa giornata per rilanciare le sue critiche all’Europa, che –dice- “non sta affrontando la crisi del sistema finanziario e bancario con l’efficacia che sarebbe necessaria”. Obama aveva già denunciato lunedì che la voragine del debito greco, 350 miliardi di euro, “spaventa il Mondo”.
Il sì finlandese non era acquisito al cento per cento, nonostante l’avallo del governo pro-europeo del premier Jyrki Katainen al Fesf: i Veri Finlandesi, una sorta di leghisti nordici usciti vincitori dalle ultime elezioni, ma confinati all’opposizione, sono poco inclini ad allargare i cordoni della borsa per i greci. Alla fine, il margine è stato largo: 103 sì e 66 no; una trentina di parlamentari hanno preferito non essere presenti.
Gli strumenti del Fesf, un fondo creato l’anno scorso per venire in aiuto dei Paesi della zona euro in difficoltà finanziaria, sono stati ampliati dal Consiglio europeo del 21 luglio, ma le modifiche, per entrare in vigore, devono essere ratificate dai Parlamenti dei 17 Paesi della moneta unica: l’obiettivo è riuscirci entro il Vertice straordinario dei 27 il 17 e 18 ottobre. Dieci le ratifiche già acquisite, fra cui quelle di Francia, Italia, Spagna; fra quelle che mancano, la più pesante è la tedesca, determinante.
Il nuovo Fesf è dotato di una capacità di prestiti effettiva di 440 miliardi di euro: il Fondo è già venuto in soccorso del Portogallo e dell’Irlanda, ma non della Grecia, la cui crisi è anteriore e che, quindi, dispone d’un proprio ‘salvagente’. Una volta in vigore, il Fesf potrà anche intervenire sul mercato ‘secondario’, alleviando l’onere della crisi per la Banca centrale europea e per le banche in genere, e potrà pure accordare agli Stati in difficoltà linee di credito preventive.
Il voto del Parlamento europeo, invece, dà via libera a una riforma della governance economica europea: un pacchetto di sei provvedimenti legislativi conosciuto come‘six pack’, ciascuno dei quali è stato approvato dall’Assemblea di Strasburgo con buon margine. Però, le misure rischiano di nascere obsolete, data l’aggravarsi con il passare dei giorni della crisi del debito.
Fin qui le decisioni, sul Fesf e sul ‘six pack’. Il discorso ‘sullo stato dell’Unione’ di Barroso ha, invece, un valore programmatico ed è stato più volitivo che ottimista: la crisi del debito “è la più grande sfida della storia” dell’Ue. Il presidente della Commissione è favorevole all’introduzione degli eurobonds e di una tassa sulle transazioni finanziarie, la cosiddetta Tobin Tax, che dovrebbe essere almeno dello 0,01% sulle operazioni sui derivati e dello 0,1% sulle operazioni‘spot’ e che dovrebbe raccogliere 55 miliardi di euro l’anno. Barroso sollecita inoltre il varo d’una tassazione del risparmio europea.
giovedì 29 settembre 2011
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