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martedì 13 settembre 2011

Manovra: Mr B si nasconde ai giudici dietro l'Ue

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 13/09/2011

C’è chi si nasconde dietro a un dito; e chi, più pudicamente, dietro un paravento. Mr B si nasconde dietro l’Unione europea. O, almeno, ci prova. Perché i suoi interlocutori europei, che saranno magari vasi di coccio fra i vasi di ferro tedeschi e francesi, ma con gli italiani ci vanno (quasi) alla pari, si prestano con riluttanza alla pantomima inscenata dal Silvio nazionale, che s’inventa di dovere andare in fretta e furia a informare l’Ue sulla manovra in dirittura d’arrivo; e proprio oggi, martedì, quando doveva rispondere alle domande dei magistrati di Napoli sul caso Tarantino. Il presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek, Ppe come lui, lo umilia in aula: “Gli potrò dedicare al massimo due minuti”, tanto valer la conclamata ‘emergenza Italia?; o tanto vale il nostro premier.

Per Van Rompuy, Barroso, Buzek, negargli l’appuntamento era diplomaticamente impossibile. Ma, al di là delle versioni ufficiali di questa storia, che vedremo, fonti vicine ai leader europei ne testimoniano il fastidio per essere stati messi in mezzo e ‘usati’. L’Unione non aveva urgenza di sentire Berlusconi sulla manovra; era Berlusconi che cercava un modo di sottrarsi all’interrogatorio.
Che cosa pensa della manovra, la Commissione europea lo ha già detto. E ieri il responsabile dell’economia Olli Rehn ha ribadito che l’Italia deve essere pronta a nuove misure se le entrate risulteranno inferiori alle attese, cioè se la lotta all’evasione fiscale, i contributi straordinari, la riduzione della spesa pubblica e, ora, l’aumento dell’Iva non bastassero a centrare gli obiettivi di risanamento dei conti.

C’è pure il rischio che questa gita europea tra Bruxelles e Strasburgo si sia una passeggiata, ma un calvario: Mr B cerca avalli, ma troverà ammonimenti e se ne tornerà a casa strigliato a lucido. Non che gli importi molto: per lui, quel che dice Bruxelles conta solo in funzione dei suoi calcoli interni. Ne è prova la leggerezza con cui l’Italia, alla vigilia della missione del premier, si mette contro Commissione e Parlamento chiedendo, insieme ad altri sette Paesi, pesanti tagli al bilancio comunitario 2014-’20.

La ricerca di una via di fuga europea dai magistrati di Napoli è iniziata, in pratica, subito dopo l’annuncio dell’interrogatorio del premier come parte lesa e s’è conclusa, di fatto, sabato sera, quando i legali di Mr B hanno informato del ‘legittimo impedimento’ la Procura napoletana, che ha filosoficamente commentato “troveremo un altro momento”. O forse no, visto che, oggi, gli avvocati del premier depositeranno a Napoli una memoria difensiva, per la serie “ti racconto quel che voglio e non mi faccio fare domande”.

La definizione degli appuntamenti europei non è stata facile. Gli aggiustamenti dell’agenda sono proseguiti fino a ieri. Il Cavaliere all’intervistatore di fiducia Belpietro sulla rete di casa Canale5, racconta: “A causa del comportamento dell’opposizione e dei suoi giornali si è creata sulla manovra molta confusione”, glissando sul fatto che la confusione derivava, piuttosto, dai continui tentennamenti della sua maggioranza.

Dunque, la visita alle istituzioni europee non sarebbe una fuga, ma “un dovere”, dopo che s’era indotta l’Ue a pensare che “il governo italiano non fosse intenzionato a fare i sacrifici per arrivare al pareggio di bilancio nel 2013”. C’era “la necessità”, suggerita dal commissario Antonio Tajani e dal capofila Pdl al Parlamento Mario Mauro, “di confortare i nostri interlocutori europei per chiarire come sia tutto il contrario”. Sabato, però, Berlusconi, che non si pone mai il problema della congruità di quel che dice, aveva attribuito la genesi della missione alle dimissioni del membro tedesco del direttivo Bce Stark, date venerdì pomeriggio.

In realtà, gli umori raccolti a Bruxelles in conversazioni informali non corroborano affatto queste versioni. Gli interlocutori europei non avevano tutta questa impellenza di essere confortati da Berlusconi. E neppure la data di oggi è davvero ideale: lo prova la riluttanza del presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek a dare un appuntamento al Cavaliere. Inoltre, l’Assemblea è in sessione a Strasburgo e anche la Commissione si riunisce lì, per cui al premier per vedere Barroso e Van Rompuy non basta uscire da un palazzo ed entrare in quello di fronte, ma tocca fare una navetta di 500 chilometri: al mattino a Bruxelles vedrà il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy; nel pomeriggio a Strasburgo il presidente della Commissione Josè Manuel Barroso. Avrà pure un incontro fuggevole, “di cortesia e informale”, con Buzek, che, polacco, bada a ricevere il presidente del suo Paese Bronislaw Komorowski: “Potrò al massimo concedergli due minuti”, dice in aula, quasi uno sberleffo verso l’ospite ‘imbucato’.

Formalmente, le istituzioni comunitarie smorzano le polemiche. Il portavoce di Barroso dice che l’incontro di oggi “fa parte dei contatti regolari” con i leader europei: “è stato chiesto la settimana scorsa da Roma e fissato per oggi, in funzione delle agende dei due leader”. Il portavoce di Buzek precisa che la richiesta risale a venerdì. Ma i parlamentari non hanno peli sulla lingua: ieri ci sono già stati interventi ironici e polemici. Mauro denuncia il "tono fortemente intimidatorio" dell'eurodeputata verde Rebecca Harms nel chiedere spiegazioni sulla visita di Mr B; e il Ppe teme incidenti in aula. I Verdi intendono riproporre il tema, ma il capogruppo dei socialisti, quel Martin Schulz che Berlusconi definì “Kapò” nell’emiciclo di Strasburgo, sarebbe intenzionato a non farne un caso: domani, si candiderà alla presidenza dell’Assemblea dopo Buzek (un’alternanza a metà legislatura già concordata). Dall’Italia, il Pd invita il premier “a restare a casa”, risparmiandoci “figuracce”,; e l’Idv denuncia “i voli last minute che non servono all’Italia”.

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