Scritto per Il Fatto Quotidiano del 03/12/2010
Tra Tbilisi e Washington, Mosca puo’ metterci i suoi carri armati, ma Berlusconi e l’Eni non possono metterci i loro gasdotti. O rischiano il cartellino giallo, e magari quello rosso, della diplomazia americana. C’è da sapere, ma lo sanno tutti, che l’attuale presidente georgiano Mikhail Saakashvili è più americano che georgiano : uno di quei ‘reduci’ dall’America che, con alterna fortuna, hanno popolato il panorama politico dell’Europa orientale, dando la scalata al potere in Polonia come nei Baltici e neil’ex Jugoslavia. Della Georgia di Saakashvili, l’America di Bush fu fervente avvocata dell’adesione all’Alleanza atlantica. E quando, nel 2005, Bush compi’ una visita a Tbilisi, la prima di sempre di un presidente degli Stati Uniti nel Paese di Stalin, vi venne accolto in modo trionfale: balli e danze per le strade, una festa popolare ‘di Stato’ a notte fonda e, poi, al mattino una marea di applausi in piazza. Partito l’ospite, Saakashvili creo’ pure il pathos del fallito attentato : sulla piazza, venne ritrovata una granata inesplosa. Bush fu grato e Saakashvili, probabilmente, ebbe lo spunto per liberarsi di qualche dissenziente.
Non è un caso che le critiche alla posizione di Berlusconi verso la Russia non vengono dai documenti di Wikileaks firmati da funzionari dell’Amministrazione Obama, ma risalgono a documenti firmati dall’ambasciatore Richard Spogli, uomo di fiducia di Bush in Italia, un imprenditore della California che di politica sapeva pôco, ma che di affari s’intendeva, e dai suoi collaboratori.
L’ironia della situazione è che le rivelazioni di Wikileaks, che mettono in discussione le amicizie particolari di Berlusconi con il premier russo Vlmaidimir Putin e il ditattore libico Muhammar Gheddafi, colgono il premier italiano impêgnato in un periplo di incontri che confermano, e aggravano, tutte le accuse : dalla Sirte, dove c’era il Vertice Ue-Africa, sotto la presidenza di Gheddafi -pochi leader europei hanno ritenuto opportuno farvisi vedere-, ad Astana, dove il Vertice dell’Osce s’è impantanato, fra l’altro, proprio sugli strascici del conflitto georgiano, al Vertice Russia-Italia di Soci. E ad Astana Mr B ha ripetuto con l’autocrate locale Nusultan Nazarbayev la gag già riuscitagli con il presidente bielorusso Alekasandr Lukashenko : una testimonianza di ammirazione, e quasi d’invidia, per avere « l’amore del 92% dei suoi cittadini », confondendo il plebiscito elettorale con il terrore dittatoriale.
Tra Tbilisi e Washington, Mosca puo’ metterci i suoi carri armati, ma Berlusconi e l’Eni non possono metterci i loro gasdotti. O rischiano il cartellino giallo, e magari quello rosso, della diplomazia americana, che capisce la logica della forza (e talora la pratica), ma diffida dell'inciucio.
C’è da sapere -ma lo sanno tutti: mica ci vuole la Cia per scoprirlo- che l’attuale presidente georgiano Mikhail Saakashvili, un uomo forte dall'impronta autoritaria, è quasi più americano che georgiano: e' uno di quei tanti ‘cavalli di ritorno’ dagli Usa che, con diversa fortuna, hanno caratterizzato il panorama politico dell’Europa orientale nell'era post-comunista, dando la scalata al potere in Polonia come nei Baltici e nell’ex Jugoslavia.
Della Georgia di Saakashvili, quasi omonimo, tra l'altro di un generale comandante in capo delle truppe della Nato, l’America di Bush fu un fervente avvocato, spingendo doprattutto per l’adesione all’Alleanza atlantica (una delle cause del 'colpo di freddo' preso dalle relazioni tra Washington e Mosca). E quando, nel 2005, Bush compi’ una visita a Tbilisi, la prima di sempre di un presidente degli Stati Uniti nel paese d'origine di Stalin, vi venne accolto in modo trionfale: balli e danze per le strade, una festa popolare ‘di Stato’ a notte fonda; e, poi, al mattino, una marea di folla che applaudiva in piazza. Partito l’ospite, Saakashvili, che aveva gia' fatto incetta di elogi, mise la ciliegina sulla torta: creo’ il caso del fallito attentato e divenne un eroe della sicurezza americana. Sulla piazza dell'adunata, venne ritrovata una granata inesplosa. Bush fu grato e Saakashvili, probabilmente, ne ebbe il modo di liberarsi di qualche dissenziente.
Forse, nei giorni del conflitto tra Russia e Georgia, nell'estate del 2007, Berlusconi non misuro' il fatto che, giocando con Putin, magari a fini di pace, si metteva contro Saakashvili. Non è un caso che le critiche alle posizioni dell'Italia verso la Russia non vengono tanto dai documenti di Wikileaks firmati da funzionari dell’Amministrazione Obama, ma soprattutto da documenti firmati dall’ambasciatore Richard Spogli e dai suoi collaboratori. Spogli era uomo di fiducia di Bush in Italia: un finaniere della California che di politica sapeva poco, ma che di affari ne capiva.
L’ironia della situazione è che lo stillicidio di rivelazioni di Wikileaks, che mettono a nudo le sconfessioni diplomatiche delle amicizie speciali di Berlusconi con il premier russo Vladimir Putin e il dittatore libico Muhammar Gheddafi, colgono il premier italiano impêgnato in un periplo di incontri che confermano, e aggravano, critiche e diffidenze. Prima la Sirte, dove c’era il Vertice Ue-Africa, sotto la presidenza di Gheddafi -pochi leader europei hanno ritenuto opportuno farvisi vedere, ma Mr B c'era-. Poi, Astana, dove il Vertice dell’Osce s’è impantanato, fra l’altro, proprio sugli strascichi del conflitto georgiano e dei tanti contrasti caucasici, lascito dello smembramento dell' 'impero' sovietico. Infine, Soci, con il Vertice Russia-Italia.
Ad Astana, Silvio ha ripetuto con il despota locale Nursultan Nazarbayev la gag già riuscitagli con il presidente bielorusso Alekasandr Lukashenko: una testimonianza di ammirazione, e quasi d’invidia, per avere «l’amore del 92% dei suoi cittadini», confondendo il plebiscito elettorale con il terrore dittatoriale.
Ha un bel dire il ministro Frattini che il rapporto tra Berlusconi e Putin, tra Italia e Russia, e' "oggetto di invidia". A scorrere i cablo di Spogli e colleghi, e' soprattutto oggetto di critiche e, magari, di illazioni: ci sono sospetti che Silvio abbia cercato in Vladi sponde elettorali e che dietro l'amicizia personale e le sintonie politiche ci stiano interessi d'affari personali o aziendali -leggi Eni- o magari anche nazionali. E ci sono le voci, che forse dispiacciono al Cavaliere ancora più delle critiche e dei giudizi: e' il caso della storia della salute minata da feste e stravizi. Per smentirlo, mr B mobilita la crema dei fedelissimi, da Letta a Ghedini.
Non c'e' dubbio che il Vertice di Soci servira' a confermare, magari pure platealmente, l'amicizia italo-russa, cosi' come quello di Astana e' stato l'occasione per un incontro di Mr B con Hillary Clinton, finito a tarallucci e vino. Ma, nell'epoca di Wikileaks, la diffidenza verso la diplomazia spettacolo, quella pubblica delle dichiarazioni a voce alta e degli abbracci ostentata, lascia il pubblico più interdetto che convinto.
Intanto, in Italia parlano tutti, praticando l'ammoina del polverone. E nel mondo del perbenismo s'e' scatenata la caccia ad Assange, che sara' pure un ladro di documenti, ma che ha dato una scossa alle iprocrisie politiche di mezzo mondo. E se poi il Dipartimento di Stato lo bolla come anarchico, quasi fosse un delitto e un'onta, speriamo che la sua Lugano non sia tremebonda.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento