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domenica 19 dicembre 2010

Wikileaks: i giorni (un po') 'torridi' di Julian il caldo

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 19/12/2010

Sarà anche libero, benché vigilato, dopo nove giorni trascorsi in una guardina britannica, ma non è certo tranquillo, Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, l’uomo che pubblicando quasi 300mila documenti del Dipartimento di Stato americano ha messo a soqquadro la diplomazia internazionale. Dopo che lui ha promesso nuove rilevazioni, con le banche nel mirino, questa volta, Bank of America s’aggiunge alla lista delle organizzazioni finanziarie che tengono a secco Wikileaks, mentre trapelano stralci di verbali della polizia svedese che dipingono il biondino australiano, l’ ‘hacker degli hackers’, come sessualmente "violento" –vedremo fino a che punto-. Ma Assange non ci sta a subire; e a parole contrattacca, accusando gli Stati Uniti di “maccartismo finanziario”, in interviste ai media che l’incontrano nella campagna del Suffolk, dove è ospite, o sul piazzale della stazione di Diss.

Il Guardian, che in questa storia è all’avanguardia su tutti i fronti, essendo stato fra i cinque giornali depositari in anteprima dei documenti carpiti al Dipartimento di Stato, pubblica verbali della polizia di Stoccolma, che illustrano in dettaglio le accuse di stupro e di violenza mosse ad Assange da due donne svedesi. Il rapporto racconta per filo e per segno, in base alle testimonianze, dieci giorni 'caldi' trascorsi tra seduzione, ammiccamenti e rapporti sessuali più o meno consensuali.

I legali del fondatore di Wikileaks provano a disinnescare lo ‘scoop’, dicendo, sempre al Guardian, che le accusatrici avrebbero agito “per gelosia”, o “per vendetta”, ma soprattutto “per soldi”. Prima, a dire il vero, avevano sostenuto che le denunce erano una macchinazione della Cia. Adesso, fanno un passo indietro: "Non è la Cia ad avere mandato un agente in minigonna”. Certo, la storia non è proprio limpida: vediamo insieme i dieci giorni che non avranno “sconvolto il mondo”, come quelli di John Reed, ma che potrebbero sconvolgere la vita di Assange.

L'11 agosto 2010, Miss A (il Guardian non fa i nomi ma A è Anna Ardin e W è Sofia Wilen) dà le chiavi di casa al fondatore di Wikileaks, "perché sarebbe rimasta fuori per un po' di tempo". Il 13, però, torna e i due escono insieme a cena. Al rientro, Assange fa qualche avances: lei prima rifiuta, poi acconsente, ma pretende che l’uomo si metta un preservativo, che risulta bucato. Ma Julian non si ferma più e va fino in fondo. Nei sette giorni successivi, l'australiano continuerà a dormire a casa di Miss A.

Il 14, entra in scena Miss W. Dopo un convegno organizzato da Miss A., le due donne pranzano con l'australiano e con altre persone del suo staff. Assange e Miss W simpatizzano, vanno al cinema (e lui non fa come Renato, che guardava il film), si ritrovano la sera ad una festa a casa di Miss A (che continua a essere pure quella di Julian). Il 16, Miss W invita il fondatore di Wikileaks a una cena ‘tete-a-tete’ a casa sua: scena analoga a quella del 13, avances, lei ci sta ma gli chiede di mettersi il preservativo, lui rifiuta, poi accetta “a malincuore”; seguono sesso, sonno, poi di nuovo sesso (ma questa volta ‘rubato’, senza protezione e senza consenso).

Il 20, Miss A e Miss W s’incontrano, si raccontano le reciproche esperienze, insistono con Assange perché faccia il test dell’Hiv (lui accetta, ma poi non lo fa perché la clinica è chiusa) e infine vanno a denunciarlo alla polizia. Subito dopo, raccontano tutto all’Expressen, che esce con la storia il 21. L'avvocato svedese di Assange, Bjorn Hurtig, dice che le due donne volevano soprattutto "fare qualche soldo con un’intervista" e "si volevano vendicare" del biondino che le aveva ‘giocate’. Obiettivi falliti entrambi, perché i soldi –ammesso che ne abbiano intascati- e la vendetta li stanno pagando un sacco cari, in termini di intrusioni nella loro privacy e ‘sputtanamento’ globale, visto che gli amici di Assange non ci vanno giù leggeri per metterle in cattiva luce.

Fin qui, il rapporto della polizia. Che non dona di certo all’immagine di Assange, ma neppure ne fa uno stupratore seriale. Però, la vicenda giudiziaria cresciuta intorno alla denuncia di Miss A e Miss W impedisce al fondatore di Wikileaks di ‘sparire’, mentre la giustizia americana cerca di montare contro di lui accuse più pregnanti di quelle un po’ labili delle due donne. E i guai, lo abbiamo visto, non vengono solo da giudici e poliziotti: l’attacco di Bank of America, dopo quelli di MasterCard, Visa, PayPal a altri, rischia di costringere Wikileaks all’apnea finanziaria. E la replica via Twitter non pare destinata a lasciare il segno: i titolari di conti correnti della Bank of America sono stati invitati a ritirare i loro soldi. Una mossa che il colosso finanziario teme meno delle carte di Wikileaks che lo riguardano e che potrebbero uscire presto; o, magari, a questo punto, non uscire mai.

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