Scritto per Il Fatto Quotidiano dell' 11/12/2010
"Una macchinazione gravissima": il ministro degli esteri Franco Frattini e' in prima fila a denunciare l'ennesima beffa del regime iraniano alla comunita' internazionale. L'illusione e' stata certo voluta: un esercizio di disinformazione in stile sovietico, o forse un gioco crudele tra illusione e realta'. La speranza della liberazione della donna condannata per complicita' nell'omicidio del marito e adulterio e che rischia l'esecuzione e' durata poche ore. Poi, la smentita ufficiale: Sakineh era stata portata a casa sua solo per riproporre in un programma tv la sua confessione.
Ma Frattini era stato in prima linea, primissima, anche giovedì, quando s'era affrettato a dire la sua gioia per l'avvenuta -falsa- liberazione: un modo per vantare il successo della mediazione dell'Italia, che - era il messaggio sottinteso - non sta nel 5 + 1 che negozia con l'Iran sul nucleare, ma sa come farsi ascoltare da Teheran. Deluso, e pure scornato, il ministro ora proclama: "Vogliamo vedere Sakineh libera"; e poi dice: «Conoscendo l'Iran, non mi stupisco». Ma se davvero lo conosce cosi' bene, poteva essere più cauto nel reagire all'annuncio, anche se ora sostiene d'avere agito con prudenza, d'avere "espresso un caveat"..
Certo, la beffa e' stata generale: ci sono cascati in pieno i media di mezzo mondo. Frattini ricostruisce i passaggi: «L'ambasciatore mi ha comunicato che i rappresentanti del comitato contro la lapidazione avevano visto Sakineh a casa sua e che erano stati diffusi foto e filmati di lei nella sua abitazione". E allora "si è pensato che fosse stata liberata». Al ministro, resta una speranza: «Dobbiamo capire se davvero era solo una ricognizione sulla scena del delitto o se si è trattato invece di una preparazione della liberazione, come noi auspichiamo. Chiediamo un gesto di clemenza, un gesto unilaterale delle autorità iraniane, che diano un segnale che il dialogo sui diritti umani è possibile». In realta', la preoccupazione di Teheran non sembra proprio essede il dialogo sui diritti umani, quanto magari i negoziati nucleari, ripresi lunedì a Ginevra e destinati a proseguire ad Ankara a gennaio.
E' stato il procuratore di Tabriz, la citta' nel nord-ovest dell’Iran epicentro della vicenda, a fare sapere che la notizia della liberazione di Sakineh Mohammdi-Ashtiani, di suo figlio Sajjad Qaderzadeh e dell’avvocato Javid Hutan Kian, era "un’assoluta menzogna", diffusa dai mezzi di stampa stranieri con "finalità politiche". Ma gli attivisti anti lapidazione sostengono che "Sakineh era libera da tre giorni" e parlano di "gioco sporco delle autorità iraniane": "La Repubblica Islamica, con questi trucchi, ha cercato di ingraziarsi le potenze internazionali" con cui negozia sul nucleare, dice alle agenzie di stampa Taher Djafarizad, attivista del Comitato. Sakineh sarebbe stata condotta fuori dal carcere proprio per dare l'illusione della liberazione. E' una tesi; ma, se fosse vera, l'inganno potrebbe tramutarsi in boomerang, togliendo ogni residua affidabilita' al regime iraniano, anche agli occhi dei 5 + 1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania)..
Certo, neppure la versione ufficiale convince molto: Sakineh riportata a casa sua per tre giorni, dal 6 all'8, proprio in coincidenza coi negoziati di Ginevra, per una ricostruzione televisiva del suo delitto: una cosa da Porta a Porta in salsa islamica. Frattini spera che sia il preludio della liberazione, una sorta di prova generale. Ma l'intento del programma pare, piuttosto, quello di ribadire la colpevolezza di Sakineh: magari non la lapidiamo, e forse neppure l'impicchiamo, ma il carcere le spetta.
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