Scritto per Il Fatto Quotidiano del 02/12/2010
In una capitale venuta su dal nulla in quattro e quattr’otto, che la gente confonde con una squadra di ciclisti (per altro, dopati), in una landa cosi’ desolata che al confronto il deserto del tenendo Drogo era una località di villeggiatura, la diplomazia mondiale, o quasi, si dà uno degli appuntamenti più inutili e meno seguiti, il Vertice dell’Osce, che, se mai uno non lo sapesse, è l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea, erede di quella Csce dell’Atto di Helsinki ‘testimonial’ della distensione.
Cosi’, i leader che ci vanno –mica tutti quelli dei 56 paesi membri, pochi dei Grandi, ma Mr B c’è- si ritrovano ospiti di Nursultan Nazarbayev e della sua famiglia, simboli per antonomasia di quella che è una ‘democrazia’ (pardon, dittatura) post-sovietica. Berlusconi ha l’occasione di arricchire la sua raccolta di strette di mano ad autocrati autoritari e pochissimo rispettosi dei diritti umani, una galleria nella quale figurano già gli abbracci fraterni al presidente Putin, poi declassato a premier, ma rimasto ‘zar’, al bielorusso Lukashenko, cui invidia i tassi di preferenza alle elezioni, e al colonnello Gheddafi.
Del resto, il Kazakhstan è paese ben presente sulla mappa della diplomazia italiana (e non solo, perchè l’Occidente non dimentica mai il ‘pecunia non olet’). In questo caso, a non avere odore sono il petrolio e il gas, di cui lo Stato dell’Asia centrale, 9 volte l’Italia per 15 milioni di abitanti, è ricchissimo (ed è, per questo, corteggiatissimo, anche dall’Eni). Nazarbayev, l’ospite, la fa da padrone: riceve i leader nel Palazzo dell’Indipendenza, fa il discorso d’apertura, parla di «rinascita dell’Osce», propone di ospitare un’agenzia per la sicurezza. Forse, i leader che l’applaudono non sanno che la caricatura di quel signore senza imbarazzi diventa sulle strisce di Doonesbury la figura di un satrapo becero e rozzo, impresentabile in società.
Qui, non c’è Barack Obama –e ci mancherebbe!-, ma è venuta Hillary Clinton, segretario di Stato americano, con la cenere in capo a chiedere scusa a tutti gli alleati e i partner offesi dai contenuti dei documenti di Wikileaks. L’operazione ‘unguento sulle piaghe’, come la battezza l’inviato dell’Afp Christophe Schmidt, s’è sviluppata attraverso tutti gli incontri bilaterali dell’emissario statunitense: «Quando gli interlocutori non evocavano la vicenda, era lei a sollevarla », racconta una fonte del Dipartimento di Stato.
L’uno dopo l’altro, la Clinton ne ha parlato con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il vice-premier britannico Nick Clegg, con il ministro degli esteri russo Serguiei Lavrov e il presidente georgiano Mikhail Saakashvili; e, naturalmente, con il presidente del Consiglio italiano.
A tutti, Hillary ha detto il suo «rammarico» e ha ripetuto che i contenuti dei cablogrammi non rappresenta il punto di vista dell’Amministrazione. Mr B, il più personalmente toccato, fra i leader qui presenti, ha posto lui la questione: ha raccontato delle polemiche in Italia e della sua inquietudine. A fine colloquio, davanti ai giornalisti, la Clinton gli ha fatto un bel regalo: «Non abbiamo amico migliore –ha detto-: nessuno sostiene le politiche americana con costanza pari » a quella del Cavaliere, quale che sia il presidente, da Bush a Obama, e quale che sia la linea, la guerra o il dialogo. «Sappiamo che possiamo contare su di lui per realizzare i valori che condividiamo».
Con la stampa, Hillary s’è mostrata fiduciosa di avere ottenuto la comprensione degli alleati, che hanno anch’essi i loro cablogrammi negli armadi, da sperare che nessuno li tiri fuori. Un interlocutore con senso dell’umorismo le ha detto: «Non si dia troppa pena, Signora, per quello che i suoi diplomatici dicono di noi. Sapesse che cosa i nostri dicono di voi!».
E cosi’ tutti o quasi sono d’accordo sul ‘dalli a Wikileaks’ e ‘Assange boia’: l’hacker australiano è braccato, colpito da un mandato di cattura internazionale per l’accusa di stupro in Svezia, anche se lui, parlando da una località segreta, proprio come fa Osama bin Laden nei suoi messaggi, promette nuovi ‘scoop’, minaccia le banche e chiede le dimissioni della Clinton (« Ridicolo e assurdo », replica la Casa Bianca). E se il ministro Frattini spera, come molti, che sia catturato presto, altri, sicuramente esagerando, arrivano ad augurarsi che sia ucciso : dai microfoni della Fox, lo fa Mike Huckabee, ex candidato alla nomination repubblicana. E’ la storia delle vignette di Maometto, ma l’intolleranza e l’integralismo, stavolta, stanno nel nostro campo.
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