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venerdì 10 dicembre 2010

Wkileaks: Julian e i suoi amici, Lula, ma anche Putin

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 10/12/2010

Dimmi con ci vai (sul web) e ti diro chi sei: se il veccho adagio, adattato all’era internet, ha qualche fondamento, Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, non
si ritrova in una compagnia proprio adamantina. L’ultimo a mettersi al suo fianco, dopo Muhammar Gheddafi, è Vladimir Putin (attenzione!: se tanto mi dà tanto, presto lo difenderà pure il Silvio nostro, che contro i suoi amici non si mette mai).

Dunque, il presidente russo, cui alcune delle rivelazioni di Wikileaks non devono essere andate a genio, sale in cattedra e dà lezione agli Stati Uniti: «E’ questa la democrazia?, perchè avete arrestato Assange?, da che pulpito viene la predica» sulla libertà di stampa. Putin risponde a una domanda in conferenza stalmpa e si scatena: cita pure lui un proverbio, ma russo («se la mucca di un vicino muggisce, è meglio che la tua stia zitta») e pizzica il Dipartimento di Stato («Voi credete davvero che la diplomazia americana sia una fonte d’informazione cristallina?»).

Cosi’, Putin balza in testa alla lista degli amici di Assange ‘potenti e famosi’ : c’è gente per bene, come il brasiliano Lula, ma ci sono pure leader poco presentabili. Alcuni, come Lula, ci stanno per amore della libertà; l’israeliano Netanyahu perchè, in fondo, le rivelazioni di Wikileaks gli hanno procurato più vantaggi che svantaggi; Putin perchè i cablo dei diplomatici lo hanno magari infastidito; Gheddafi, forse, per un antimericanismo di fondo. Con il fondatore di Wikileaks, si schierano pure i compagni di cella, che un po’ avanzi di galera devono pur esserlo.

Certo che l’Amministrazione statunitense ci s’è messa di buzzo buono per farsi nemici, in questa vicenda, e per procurare amici ad Assange. Andiamo oltre le dichiarazioni a gogo’ dei suoi diplomatici, che, esposte sul web, sono diventate una sorta di gogna informatica per i leader ‘sbertucciati’ e per il Dipartimento di Stato incapace di difendere i suoi segreti. A scompaginare le carte, è stato il clima di persecuzione creato -un po’ a disdoro della libertà d’espressione salvaguardata dalla Costituzione americana- intorno al ‘pirata’ australiano, che, all’inizio, era simpatico a pochi. Anche le femministe si dividono sul reato di stupro addebitato a Julian: una montatura? I dubbi ci sono e il profilo di almeno una delle vittime li avalla.

Con Assange, stanno, ovviamente; gli hacker di tutto il mondo, che conducono attacchi a tutto spiano contro chi, pubblico o privato che sia, boicotta Wikileaks. Il commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay se ne allarma e, anche lei, se la prende con gli Usa: “Si parla di pressioni esercitate su società private, banche, società di carte di credito, fornitori di siti, perchè chiudano le linee di credito per le donazioni a Wikileaks". "Se Wikileaks –aggiunge la Pillay - ha commesso atti riconosciuti come illegali, deve essere perseguito nel quadro della legislazione e non attraverso pressioni o intimidazioni, specie su terzi”.

Il concetto è semplice: se giustizia va fatta, va fatta nel rispetto della giustizia (e non sommariamente). Gli avvocati sono in campo. Assange martire e santo ? Speriamo non diventi martire e non crediamo che sia santo, ma intanto è già una statuetta nei presepi di Napoli.

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