Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/12/2010
Wikileaks è una macchina mangia-soldi: al suo creatore, Julian Assange, procura guai e querele, in misura proporzionale a quanti guai e fastidi provocano le rivelazioni del sito. E Assange, che ha già sborsato 200 mila euro in spese legali, per difendersi dalle accuse di molestie sessuali mossegli in Svezia, s’ingegna a tirare su i soldi che la sua creatura gli costa, in attesa e nel timore che dagli Stati Uniti arrivi una bordata di accuse di furto, spionaggio, collusione con il terrorismo e chissà che cos’altro ancora,.
Il biondino d’Australia, l’hacker più famoso del momento, eroe per alcuni, criminale per altri, non manca di risorse. Lasciamo da parte le interviste: quelle, ad Assange, non fruttano soldi, ma servono per lanciare messaggi e per preparare il terreno a nuove bordate di segreti svelati (oltre che ad accrescere la sua aurea di vittima e perseguitato: vi descrive le sue prigioni –durate appena nove giorni- come un’epopea che, al confronto, quelle di Silvio Pellico erano una villeggiatura).
Sul fronte degli attivi, ci sono, anzi c’erano, conferenze e partecipazioni a convegni. Ma questa storia della libertà vigilata limita, non si sa ancora per quanto, la possibilità di movimento di Assange. Sotto, allora, con un libro di memorie, una biografia che sarà pure solo “dei suoi primi quarant’anni”, ma che è già ricca di storie e avventure: Assange l’ha venduta per un milione di sterline. Ad occhio, uno sarebbe tentato di dire che poteva spuntare di più, visti i milioni di dollari elargiti a Bill e Hillary Clinton e persino a George W. Bush per le loro memorie: ma, a ben pensarci, otto anni alla Casa Bianca valgono di più di otto mesi da divulgatore di segreti americani sull’Iraq, sull’Afghanistan, sull’universo mondo.
Lui, Julian, anche stavolta la mette giù dura: “Non mi va proprio di scriverlo” . Però, i soldi li ha presi e presto gli serviranno; e deve pure darci dentro, perché il libro deve uscire in primavera: bisogna battere il ferro finchè è caldo, perché, se passa il tempo, e se Wikileaks non fa più notizia, allora il libro resterà sugli scaffali. Tanto più che le memorie di Assange non saranno le prime: arriveranno dopo quelle, non necessariamente benevole, del suo ex numero due Daniel Domscheit-Berg, il cui 'Inside Wikileaks’ dovrebbe uscire in Germania il 27 gennaio.
L'autobiografia dell’australiano sarà edita da Canongate in Gran Bretagna e Knopf negli Usa. Julian potrà mettere a profitto per scrivere la libertà su cauzione in una villa del Suffolk, in attesa che si dirima la faccenda dell’estradizione chiesta dalla Svezia.
Dopo il libro, o insieme al libro, naturalmente un film: i siti già s’interrogano su quale, tra le star di Hollywood, possa essere il volto giusto. Certo, la scelta sarà diversa a seconda che l’Assange del film sia un eroe e un perseguitato oppure un gaglioffo e un profittatore. Per il blogger Rick Poter, Paul Bettany, attualmente nelle sale con il film The Tourist, sarebbe un buon eroe, mentre Russel Crowe, australiano come il modello, sarebbe un eroe cattivo. Per l’Assange ‘anti-eroe’ c’è in corsa, invece, Daniel Radcliffe, un Harry Potter cresciuto abbastanza da recitare il biondino slavato. C’è infine l’ipotesi di un ‘wikileaks movie’ brillante, al modo degli Ocean’s di Steven Soderbergh: ma rendere Assange simpatico appare impresa disperata anche per Hollywood.
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