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venerdì 17 agosto 2012

Crisi: euro, Angela la più assediata, ma la più corteggiata

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 17/08/2012

Angela Merkel sarà pure assediata, in questa ripresa politica calda in Germania: la cancelliera è criticata nella sua coalizione e attaccata dall’opposizione. Ma continua a essere corteggiata dai leader dell’Unione: lei riparte dal Canada, dove l’aria è fresca –la visita è un prolungamento di vacanza-, ma poi vedrà, nel giro di pochi giorni, il presidente francese Hollande, il premier italiano Monti, il premier spagnolo Rajoy i e il premier greco Samaras, che girerà le capitali dell’Ue per chiedere clemenza per la Grecia ai Signori dell’Unione. La Germania non apre spiragli, per ora: “Atene s’attenga ai piani”, al massimo si potrà contare il tempo perso nelle elezioni doppie.

L’Unione, insomma, riapre il cantiere della crisi, senza però che la prima metà d’agosto abbia registrato le temute fibrillazioni sui mercati finanziari: grazie a movimenti relativamente scarsi, la speculazione poteva spingere facilmente giù i listini e l’euro e su gli spread di Spagna e Italia, specie dopo che la Bce aveva lasciato incompiuto, ai primi del mese, il disegno d’intervento a sostegno dei titoli dei Paesi in crisi, contrastato dalla Bundesbank.

E, invece, i giorni di Ferragosto sono finora trascorsi senza sussulti in borsa. Colpisce lo iato persistente tra andamento dei mercati e dell’economia reale: ieri, le quotazioni, partite piatte, si sono consolidate in chiusura di seduta, con sprint finali a Madrid e a Milano(+ 1,86%); lo spread s’è attestato intorno a quota 420. L’inflazione, secondo i dati di Eurostat, è stabile nell’Eurozona, al 2,4% su base annua -Italia al 3,6%, Germania all’1,9%-. Va ancora male, invece, la produzione industriale: negli Stati Uniti fa segnare un + 0,6%, bene per il presidente Obama; ma nell’Unione, cala del 2,3% (e in Italia addirittura dell’8,2%).

Tra l’ottimismo e la distrazione, i mercati non reagiscono neppure alla smentita delle voci di un taglio dell’Irpef: il premier Monti lo nega, perché, nonostante il carico fiscale sia eccessivo, non c’è modo d’allentare –spiega- l’attenzione al rigore. Né paiono temibili agli operatori i proclami di referendum anti-euro della Lega.

Più che le borse, è la politica –quella tedesca- ad agitare Unione ed Eurozona: in Germania, dove la fine della ricreazione è già suonata per molti, la ripresa è subito politicamente calda –manca un anno dalle elezioni legislative-: c’è chi tira sul presidente della Bce Mario Draghi, ma c’è pure chi tira sulla Merkel, che, per contro, ha il carnet delle danze europee zeppo la settimana prossima.

Se Spagna e Italia preoccupano, in queste ore, un po’ meno, torna in primo piano la Grecia, il cui governo, secondo indiscrezioni del FT non confermate, vorrebbe ritardare di due anni, dal 2014 al 2016, il completamento del piano di rigore. Mentre la Spagna non ha fretta di attivare gli aiuti per le banche e lo scudo anti-spread –prima, vuole conoscerne in dettaglio le condizioni- e l’Italia pare non averne ora bisogno, a Berlino il falchi dell’Europa alla tedesca contestano Draghi e alzano un fuoco di sbarramento anti Atene: parlamentari dei partiti che compongono la coalizione della Merkel chiedono che la Germania conti di più nell’Ue e reclamano un diritto di veto tedesco nella Bce. L’ex cancelliere Schroeder, socialdemocratico, non esclude duttilità, mentre il presidente Gauck, in visita a Vienna, nega che Berlino aspiri a dominare l’Europa.

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