A dirla così, non parrebbe. Eppure, la ‘notte dei
pescetti’ è uno dei momenti salienti del percorso europeo di Giulio Andreotti,
l’uomo politico e di governo italiano scomparso ieri al'età di 94 anni. Nella
notte tra il 28 e il 29 marzo 1985, Andreotti, al'epoca ministro degli Esteri,
presidente di turno del Consiglio dei Ministri dell’allora ancora Comunità
economica europea, condusse in porto una maratona negoziale per l’adesione alla
Cee di Spagna e Portogallo, due Paesi da poco usciti dai lunghi inverni delle
dittatura di Franco e Salazar.
Le trattative andavano avanti da otto anni, con il
coinvolgimento di un altro italiano, il responsabile dell’allargamento Lorenzo
Natali, vice-presidente della Commissione europea, e avevano a lungo subito i
contraccolpi negativi del difficile momento dell’integrazione europea, alle
prese, allora, tra il 1979 e l’ ’84, con il cosiddetto ‘problema britannico’, cioè
la definizione del rimborso reclamato da Margaret Thatcher per ridurre lo
squilibrio tra il dare e l’avere di Londra al bilancio comunitario.
Nel giugno del 1984, al vertice di Fontainebleau, sotto
presidenza di turno francese, il ‘problema britannico’ era stato risolto. E la
Commissione europea era stata rinnovata, con l’insediamento alla presidenza,
all’inizio del 1985, di Jacques Delors. Il semestre di presidenza italiano, da
gennaio a giugno del 1995, coincise con una fase di impressionante rilancio
dell’integrazione comunitaria: la conclusione dei negoziati con Spagna e
Portogallo in marzo; e, poi, al Vertice di Milano in giugno - presidente di
turno, Bettino Craxi - il varo dell’Atto Unico per il completamento del mercato
interno. Furono due passi decisivi sulla via del Trattato di Maastricht del
1991 -Andreotti era all'epoca presidente del Consiglio- e della trasformazione della Comunità in Unione dal 1.o novembre 1993.
La fase finale della trattativa sull'allargamento fu
una maratona negoziale apertasi il 20 marzo e conclusasi nel cuore della notte
tra il 28 e il 29, poche ore prima che a Bruxelles si riunisse il Vertice
europeo di primavera. L’ultimo ostacolo sulla via della definizione degli
accordi di adesione di Spagna e Portogallo fu la pesca: sotto la presidenza di
Andreotti, si discusse ad oltranza di quelli che il ministro degli esteri,
incontrando i giornalisti italiani, chiamava “i pescetti”, non per sminuire la
serietà della trattativa, ma per fare capire che le difficoltà, per quanto
tecnicamente ed economicamente rilevanti, non avevano spessore tale da
arrestare un processo storico come l’adesione alla Cee di Spagna e Portogallo e
il loro ancoraggio irreversibile alle democrazie europee.
Quella notte, la conferenza stampa, dopo l’annuncio
dell’accordo, fatto alle 02.40 del mattino, fu quasi un trionfo italiano: sul
palco, Andreotti e Natali con i ministri degli esteri di Madrid e di Lisbona. E
un coro di elogi unanimi per quello che il ministro degli esteri francese
Roland Dumas definì, lodandone “la tenacia e l’abilità”, l “indiscusso artefice”
di quell'intesa. Dall’Italia, arrivò ad Andreotti un telegramma di complimenti
del presidente Sandro Pertini: “Se questo risultato è stato ottenuto durante il
turno di presidenza italiana, il merito va ascritto soprattutto al suo
personale impegno condotto con tenacia, abilità e con il consueto ingegno”.
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