Il ciclone Grillo crea allarme, o almeno desta preoccupazioni, i fortini dell’europeismo, laddove, cioè, la fiducia nell'integrazione sopravvive ai contraccolpi della crisi e all'inefficienza, e agli errori, dell’Unione nel contrarne gli effetti e nel rilanciare la crescita e l’occupazione. Se n’é parlato mercoledì 8 maggio Varsavia, a un convegno dello European Council on Foreign relations (Ecfr), con la partecipazione d’esperti e giornalisti di vari Paesi Ue. Per l’Italia, c’era EurActiv.it.
‘Italia, Cipro e
oltre: la nuova geografia politica dell’Europa’ era il titolo del convegno,
innescato dai proclami anti-europei di Beppe Grillo, il leader del M5S: una
geografia segnata dall'emergere e dall'avanzare di movimenti euro-scettici o
almeno euro-critici, cioè non a priori favorevoli all'integrazione.
Accade in
Italia, come in Grecia, o –con minore incidenza politica- in Spagna, ma pure in
Francia e in Germania, dove formazioni euro-scettiche parteciperanno alle
elezioni politiche del 22 settembre, e ancora in Finlandia e in alcuni Paesi
dell’Europa centrale. Movimenti populisti molto diversi l’uno dall'altro,
talora con richiami all'estrema destra, talora con impronte di estrema
sinistra, spesso con echi localisti,
regionalisti o nazionalisti.
A Varsavia, s’è
pure discusso dei possibili antidoti alla crescita dell’euro-scetticismo: fra
le ricette, sovente più complementari che antitetiche, una maggiore
democraticità dei percorsi comunitari, così che i cittadini ne possano
riconoscere la legittimità, ma anche e forse soprattutto un recupero
d’efficacia e di risultati da parte delle Istituzioni comunitarie, così che i
cittadini possano di nuovo percepire i vantaggi della partecipazione
all'Unione, mentre oggi ne percepiscono solo svantaggi e condizionamenti.
Chi sta nei
Paesi virtuosi avverte come un peso la presenza di quelli meno solerti. Chi sta
nei Paesi che più hanno bisogno di riforme e che più avvertono i contraccolpi
della crisi, come l’Italia, vive come diktat le condizioni poste alla sua
permanenza nell’Ue e nell’euro. Su un punto l’intesa è stata larga fra i
partecipanti al dibattito: un eventuale uscita dall'Unione della Gran Bretagna,
se e quando si dovesse mai fare il referendum sempre annunciato e mai indetto,
non sarebbe un dramma. Restituirebbe la Gran Bretagna a quello Spazio economico
europeo cui appartiene e libererebbe dalle pastoie di Londra l’Unione.
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