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venerdì 10 maggio 2013

Siria: verso una transizione senza Assad e senza Jihad

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 10/05/2013

Nel giorno in cui Roma diventa snodo della ricerca di uno sbocco alla crisi in Siria, il Wall Street Journal getta un’ombra sull’azione diplomatica del segretario di Stato americano John Kerry e mette in dubbio il riavvicinamento tra Washington e Mosca. Secondo il WSJ, Israele ha avvertito gli Stati Uniti dall’imminente vendita alla Siria da parte della Russia di batterie di missili terra-aria S-300, armi ultra-moderne che possono intercettare e distruggere aerei o missili in volo: “Armi che cambiano lo scenario”, hanno commentato gli hezbollah libanesi..

Parlando a Roma, dopo un incontro con il ministro degli esteri italiano Emma Bonino, anch’essa molto attiva sul fronte siriano, Kerry ha giudicato “potenzialmente destabilizzante” la vendita, aggiungendo: “Noi preferiremmo che la Russia non fornisca aiuti” al presidente Bachar al-Assad. Kerry ha pure escluso che Assad possa fare parte d’un governo di transizione.

Su mandato del presidente Obama, il segretario di Stato Usa dedica dall’inizio della settimana tutta la sua attenzione alla crisi siriana. Martedì, durante una visita a Mosca, aveva convenuto di lavorare in tandem col collega russo Serguiei Lavrov, nonostante la Russia sia sempre stata alleata di Assad e abbia finora contrastato tutti gli sforzi internazionali per isolarne il regime.

Il riavvicinamento russo-americano è stato salutato in termini positivi a Damasco, dove il regime esprimeva, ieri, fiducia “sulla fermezza” e “la costanza” della posizione russa “basata sulla carta dell’Onu e sulle regole della legge internazionale”. Mentre, agli occhi della Siria, gli Stati Uniti devono ancora provare la loro credibilità, convincendo i loro alleati a “fare cessare violenze e terrorismo”. Un riferimento agli attacchi israeliani della scorsa settimana contro obiettivi siriani. Ieri, a Roma, Kerry ha visto pure il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni, oltre al giordano Nasser Judeh.

L’intesa tra Mosca e Washington si rifà alle conclusioni della riunione di Ginevra del giugno 2012, dove la comunità internazionale aveva chiesto una sospensione dei combattimenti e una transizione, senza precisare la sorte di Assad. Ma l’opposizione siriana considera l’uscita di scena del presidente una pre-condizione a qualsiasi discussione. E, a Roma, Kerry non è stato evasivo su questo punto, come lo era stato martedì a Mosca: per gli Usa, Assad non può entrare in un governo di transizione.

Si lavora a una conferenza internazionale, che potrebbe svolgersi di nuovo a Ginevra, tra fine maggio e inizio giugno. L’atteggiamento Usa sulla Siria, che alterna accelerazioni e colpi di freno, come testimonia l’estrema prudenza sul caso delle armi chimiche, risente del crescente disagio per il peso che la componente integralista ha nell’insurrezione anti-Assad. Un disagio condiviso da molti attori in campo occidentale: Francia e Gran Bretagna chiedono che i ribelli di al-Nusra finiscano nella lista nera Onu anti-terrorismo.

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