Nel giorno in cui Roma diventa snodo della ricerca di uno
sbocco alla crisi in Siria, il Wall Street Journal getta un’ombra sull’azione
diplomatica del segretario di Stato americano John Kerry e mette in dubbio il
riavvicinamento tra Washington e Mosca. Secondo il WSJ, Israele ha avvertito
gli Stati Uniti dall’imminente vendita alla Siria da parte della Russia di
batterie di missili terra-aria S-300, armi ultra-moderne che possono
intercettare e distruggere aerei o missili in volo: “Armi che cambiano lo scenario”,
hanno commentato gli hezbollah libanesi..
Parlando a Roma, dopo un incontro con il ministro degli
esteri italiano Emma Bonino, anch’essa molto attiva sul fronte siriano, Kerry
ha giudicato “potenzialmente destabilizzante” la vendita, aggiungendo: “Noi
preferiremmo che la Russia non fornisca aiuti” al presidente Bachar al-Assad.
Kerry ha pure escluso che Assad possa fare parte d’un governo di transizione.
Su mandato del presidente Obama, il segretario di Stato Usa dedica
dall’inizio della settimana tutta la sua attenzione alla crisi siriana.
Martedì, durante una visita a Mosca, aveva convenuto di lavorare in tandem col
collega russo Serguiei Lavrov, nonostante la Russia sia sempre stata alleata di
Assad e abbia finora contrastato tutti
gli sforzi internazionali per isolarne il regime.
Il riavvicinamento russo-americano è stato salutato in
termini positivi a Damasco, dove il regime esprimeva, ieri, fiducia “sulla fermezza”
e “la costanza” della posizione russa “basata sulla carta dell’Onu e sulle regole
della legge internazionale”. Mentre, agli occhi della Siria, gli Stati Uniti
devono ancora provare la loro credibilità, convincendo i loro alleati a “fare
cessare violenze e terrorismo”. Un riferimento agli attacchi israeliani della
scorsa settimana contro obiettivi siriani. Ieri, a Roma, Kerry ha visto pure il
ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni, oltre al giordano Nasser Judeh.
L’intesa tra Mosca e Washington si rifà alle conclusioni della
riunione di Ginevra del giugno 2012, dove la comunità internazionale aveva
chiesto una sospensione dei combattimenti e una transizione, senza precisare la
sorte di Assad. Ma l’opposizione siriana considera l’uscita di scena del
presidente una pre-condizione a qualsiasi discussione. E, a Roma, Kerry non è
stato evasivo su questo punto, come lo era stato martedì a Mosca: per gli Usa,
Assad non può entrare in un governo di transizione.
Si lavora a una conferenza internazionale, che potrebbe
svolgersi di nuovo a Ginevra, tra fine maggio e inizio giugno. L’atteggiamento
Usa sulla Siria, che alterna accelerazioni e colpi di freno, come testimonia l’estrema prudenza sul caso
delle armi chimiche, risente del crescente disagio per il peso che la
componente integralista ha nell’insurrezione anti-Assad. Un disagio condiviso da
molti attori in campo occidentale: Francia e Gran Bretagna chiedono che i
ribelli di al-Nusra finiscano nella lista nera Onu anti-terrorismo.
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