Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/05/2013
Pare un
concorso a premi: l’Italia non ha ancora incassato la chiusura della procedura
d’infrazione per deficit eccessivo -e ne avrà la certezza definitiva solo a
fine giugno-, ma il premier Letta è già sommerso di richieste su come spendere
un ‘tesoretto’ che non c’è e che nessuno sa calcolare con precisione. Parlano
ministri, esponenti della maggioranza, anche leader dell’opposizione: il
ministro del lavoro Giovannini, a Bruxelles per un Consiglio dei Ministri
dell’Ue, annuncia che ci saranno “più risorse per il lavoro”; il ministro degli
affari regionali Delrio dice che i miliardi disponibili (“tra i 7 e i 12” , alla faccia della
precisione) serviranno “per il lavoro e per la casa”. E il presidente di
Confindustria Squinzi chiede di pagarci i debiti della PA con le aziende.
Scelta
Civica fa propria la decisione della Commissione: “Si vedono i frutti del
Governo Monti”. E i ‘falchi’ Pdl, da Brunetta a Gasparri, ne traggono lo spunto
per dare per morta la “cattiva Europa” e per chiedere “stop al rigore”. Proprio
mentre il commissario europeo italiano Tajani (Pdl) avverte che “l’Italia ha
superato gli scritti, ma non ancora gli orali”.
Tutti
paiono ignorare due dati di fatto: 1) che la decisione della Commissione, ieri
passata al vaglio dei capi di gabinetto dei membri dell’Esecutivo di Bruxelles,
sarà condita da raccomandazioni pro rigore e riforme; 2) che la chiusura della
procedura, pur importante, non avrà impatto a breve. Gli effetti non si
vedranno prima del 2014: lo ha ammesso lo stesso Letta, incontrando le Regioni a Palazzo Chigi e parlando di una
decisione “positiva”, ma solo “in prospettiva”.
Nelle
parole del premier, ci può essere una forzatura tattica, per evitare l’assalto
alla diligenza delle richieste. Ma c’è molto di vero: la riammissione dell’Italia
tra i Paesi virtuosi dell’Unione europea, quelli, cioè, capaci di tenere il
deficit di bilancio al di sotto del 3% quest’anno e il prossimo, non significa
che i nuovi spazi per la finanza pubblica siano immediatamente utilizzabili.
I passi da
fare sono ancora molti. E gli sforamenti del tetto di deficit previsto dal
Patto di Bilancio dovranno essere volta a volta autorizzati dall’Esecutivo di
Bruxelles, che –ad esempio- è favorevole alla tassazione sulla casa –e quindi
non all’abolizione dell’Imu- e sui consumi –e, quindi, all’aumento dell’Iva- e
vede, invece, di buon occhio la riduzione della fiscalità su imprese e lavoro.
Il
documento elaborato dai funzionari collega la chiusura della procedura al
rispetto di una serie di raccomandazioni. Sei, per l’esattezza: il consolidamento
del bilancio statale, l’efficienza della macchina della Pa, la riorganizzazione
del sistema bancario, l’attuazione della riforma sul mercato del lavoro, il rilancio
della formazione dei lavoratori e, infine, la riduzione della pressione
fiscale.
Secondo il
calendario del Semestre europeo, che regola questo rito, la decisione della
Commissione sarà ufficiale domani, nell’ambito della presentazione delle
raccomandazioni di politica economica: un documento corposo, cui hanno lavorato
schiere di funzionari, e che riguarda
tutti i Paesi dell’Ue e la
Croazia , che entrerà nell’Unione il 1.o luglio, tranne Irlanda, Portogallo, Grecia e Cipro, che
sono attualmente ‘sotto tutela’.
La
raccomandazioni saranno poi trasmesse al Consiglio dei Ministri dell’Ue, che
avrà circa un mese per analizzarle, discuterle e approvarlo definitivamente,
tra fine di giugno e inizio di luglio, forse dopo il Vertice europeo del 27 e
28 giugno, cui potrebbero approdare casi spinosi.
La
chiusura della procedura consentirà l’avvio di negoziati tra Roma e Bruxelles,
perché l’apertura di spazi d’investimento non è automatica: l’Italia potrà
chiedere deroghe per investimenti giudicati produttivi, e non per la spesa
corrente, e discuterne con i servizi della Commissione.
Insomma,
il denaro in questione non sarà disponibile subito: per mettere mano al
‘tesoretto’, bisognerà attendere almeno qualche mese. Se ne parla, se va bene,
dopo l’estate. E poi bisogna capire quante possano essere le risorse
disponibili: si arriva nelle stime fino a 12 miliardi di euro, ma non è detto
che l’Ue dia via libera a tutti gli interventi che le saranno sottoposti.
Così, resta il problema di
trovare a breve copertura a una trafila d’interventi progettati, alcuni, come
quelli sull’Imu –fino a 4 miliardi- e sull’Iva -2 miliardi- non in linea con la
visione di Bruxelles.
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