Grande attenzione da Angela Merkel. Piena sintonia
con François Hollande. Diponibilità e incoraggiamento dai presidenti delle
istituzioni europee, Herman van Rompuy (Consiglio) e Josè Barroso
(Commissione). E, lunedì, già aspettatevi sintesi dell’incontro con Mariano
Rajoy simili a quelle dell’incontro con Hollande.
Il tour europeo dell’ancora neo-premier Enrico Letta
è una favoletta già raccontata almeno una volta: andatevi a prendere articoli e
considerazioni che accompagnarono l’analogo giro dell’allora neo-premier Mario
Monti nel novembre 2011 –anche se in Francia c’era Nicolas Sarkozy e non
Hollande e la Spagna aspettava l’esito delle elezioni-.
E, poi, leggetevi il titolo di Die Welt, “Ancora un
italiano che non vuole risparmiare”, o quello di Der Spiegel, “L’Ue chiede
nuove misure d’austerità al governo italiano”; e confrontateli con quello che
vi sentite raccontare alla radio, in tv, sui giornali nostrani.
Per carità!, non che Die Welt o Der Spiegel o qualsiasi
altro media tedesco e internazionale siano la bibbia. Ma è un fatto che la
favoletta non la raccontano, questa volta, i politici, ma gli organi di stampa:
le frasi della Merkel e di Hollande, di Van Rompuy e di Barroso, dello stesso
Letta non sono melassa; lo diventano, spesso, nei resoconti giornalistici.
Guardiamo all'ultima tappa del premier Letta,
Bruxelles, ieri sera e questa mattina. Van Rompuy gli dice: sì alla
flessibilità, ma con in conti in ordine. E Barroso si dichiara fiducioso
sull’uscita dell’Italia dalla procedura di deficit eccessivo, ma –nota- l’Italia
deve accelerare sulla via delle riforme e continuare a ridurre il debito. E
Letta chiarisce che è venuto ad annunciare ai suoi interlocutori che vuole
spingere la crescita e mantenere gli impegni, senza ancora spiegare come; ma
poi ammette che dovrà “presto dire” come farà a conciliare - ad esempio - tagli delle entrate ed aumenti
delle uscite col rispetto del limite del 3% del deficit e del ritmo di
riduzione del debito.
Perché l’Italia, finora, non ha chiesto eccezioni né
sull'uno né sull'altro fronte, anche se magari poi lo farà - del resto, come
puoi aspettarti che la Commissione chiuda la procedura d’infrazione per mancato
rispetto del 3%, se già le chiedi di sforare? -.
Un’altra favoletta del racconto giornalistico,
accanto a quella del ‘tutto bene’, ‘tutto a posto’, è il ‘fronte della
crescita’ (Francia-Spagna-Italia-Belgio e chi ci sta) pronto a premere sulla
Germania al Consiglio europeo di fine giugno. Ma davvero Hollande e Rajoy,
Letta e Di Rupo possono pensare che il momento giusto per chiudere nell'angolo
la cancelliera Merkel sia l’ultimo Vertice prima delle elezioni tedesche del 22
settembre? Lì, la Merkel guadagnerà voti (a casa sua) se s’arrocca, mica se
cede.
Di qui all'autunno, sul fronte dei conti in ordine,
c’è poco da contare su arrendevolezze tedesche. Si potrebbe, piuttosto, puntare
su passi in avanti per l’Unione politica, che la cancelliera si dice pronta a
fare. Perché, a giudicare dal discorso europeista del premier Letta, sta bene
pure a noi –meno alla Francia-; e anche un po’ per vedere il bluff di Angela,
se c’è bluff; e per creare il clima per una minore rigidità nell'autunno
europeo. Che potrebbe essere una primavera. Ad arrivarci, con l’Imu che già
minaccia intese evidentemente non così larghe.
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